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I rischi ambientali

ALLUVIONI E TERREMOTI
Principali rischi naturali a Modena nel Novecento

di Eriuccio Nora e Alessandro Ghinoi

Modena, per le sue caratteristiche geologiche, geografiche, storico-architettoniche, insediative, produttive e infrastrutturali,  è sicuramente una città ad alto rischio e questo più per l’alto valore della vulnerabilità e dell’esposizione del suo territorio che non per quello della pericolosità dei fenomeni naturali (principalmente alluvioni e terremoti) che la minacciano.

ALLUVIONI

Stretta tra due fiumi a carattere torrentizio, Secchia e Panaro, che convergono proprio in corrispondenza del suo perimetro urbano, Modena è la città più bassa lungo la via Emilia tra Bologna e Piacenza e si trova in corrispondenza del punto di rottura del profilo topografico, tra le conoidi e la piana alluvionale. Durante le piene, la quota del pelo d’acqua del Secchia e del Panaro è di qualche metro superiore a quella di Piazza Grande.

Media decennaleIl regime delle piogge. Sebbene la serie centennale del ‘900 delle precipitazioni piovose di Modena non riveli sensibili variazioni dal valore medio annuale delle piogge, la frequenza degli eventi estremi, concentrati in poco tempo, mostra, invece, un incremento, specialmente negli ultimi 10 anni del secolo. L'aumentata frequenza di eventi piovosi estremi, negli ultimi 10 anni del Novecento, ha determinato una maggiore probabilità di rotte e tracimazioni, i cui effetti sono stati amplificati da una sempre maggiore difficoltà nell’allontanamento delle acque da parte del sistema idrografico locale, non dimensionato adeguatamente alle nuove portate idrauliche, e da un'estesa impermeabilizzazione del suolo.

 La modifica strutturale dei corsi d’acqua. Nel  periodo 1900-1950, i fiumi e i loro alvei vengono visti come territori di conquista, da sottrarre alla loro funzione naturale e da consegnare all’uso agricolo. Vengono costruiti muraglioni longitudinali nei tratti mediani dei fiumi, restringendo sensibilmente la sezione fluviale. La conseguenza è una modifica delle sezioni dei profili idrografici con variazione della velocità dell’acqua e aumento di capacità del trasporto solido. Si assiste di conseguenza a situazioni di sovra sedimentazioni ed ad alcune tracimazioni. Nel dopo guerra, il boom economico, l’urbanizzazione, la costruzione di nuove grandi infrastrutture viarie (Autostrada A1) hanno richiesto grandi quantità di materiali inerti per l’edilizia che, in quel periodo, sono stati prelevati dagli alvei dei fiumi e da cave di prestito lungo gli stessi.

Allagate Secchia 1972Sul piano delle dinamiche idrauliche, tra il 1950 e 1970 si registrano aumenti delle portate di piena, l’abbassamento dei profili idrografici, l’impermeabilizzazione dei suoli, il prelievo di milioni di metri cubi di ghiaia dagli alvei fluviali, l’aumento del fenomeno dell’erosione, sia di fondo che laterale degli alvei fluviali, con conseguente crollo dei ponti sulla via Emilia sul Secchia, di Vignola sul Panaro e gravi lesioni ai ponti di Spilamberto sul Panaro e di Saltino sul Secchia. Erosioni di sponda e abbassamento del fondo dell’alveo hanno messo inoltre in pericolo la stabilità di muraglioni, traverse, pennelli e repellenti e hanno reso pensili le derivazioni dei canali irrigui come quello del Secchia, che deriva acqua a monte di San Michele dei Mucchietti, o quello del canale di San Pietro a Vignola, il Diamante a Spilamberto e il Canal Torbido a Savignano, di origine millenaria.

Gli eventi alluvionali. Le alluvioni della pianura modenese, dovute soprattutto a rotte e tracimazioni dei fiumi Secchia ePanaro 1972 Panaro, hanno interessato nel Novecento oltre 37.000 ettari di territorio. Tali eventi si sono concentrati negli ultimi 40 anni del secolo. Gli anni più critici per Modena sono stati il 1966, 1969, 1972, 1973. Nel 1966 la superficie allagata dal fiume Secchia è di 7.000 ettari, quella allagata dal fiume Panaro è di 9.400 ettari, per complessivi 16.400 ettari allagati. Si tratta della più estesa area colpita in tutto il secolo. Dopo qualche anno, tra il 10 e il 16 Settembre 1972, la Provincia di Modena è di nuovo colpita, anche in questo caso con ingenti danni all’agricoltura, alle infrastrutture e agli insediamenti, dalla rotta del fiume Panaro in località Gorgo Tre Frati, e dalla tracimazione di Panaro e Secchia in più punti.

La risposta: interventi, piani di bacino e qualche contraddizione. La risposta data da Modena negli anni Settanta e Ottanta, decisa e innovativa, si è concretizzata  nella realizzazione di opere di controllo dei fenomeni alluvionali, ma anche nello studio e nella predisposizione di piani di bacino fluviale, in programmi di intervento integrati, in attività di prevenzione urbanistica e nella realizzazione di opere di nuova generazione come le “casse di espansione”.
Manifestazione

Dopo gli allagamenti del 1969 viene infatti istituito, dalle province di Modena e Reggio Emilia, in accordo con i comuni interessati, un gruppo di lavoro per la redazione di un “Piano per la difesa del suolo, la sistemazione dei fiumi Secchia e Panaro e l’utilizzazione delle risorse idriche”, approvato nel 1971. Nello stesso periodo si rafforza il rapporto tra Provincia e ricercatori di scienze geologiche dell'Università di Modena, nell'analisi del quadro conoscitivo del territorio e nella definizione delle proposte. L’attività di ricerca era sistematicamente accompagnata dall'organizzazione di convegni e pubblici incontri, per informare i cittadini e le forze sociali, promuovendo il confronto e la sensibilizzazione ai problemi.

Le nuove esondazioni degli anni Settanta suscitano una mobilitazione popolare che chiede al Governo finanziamenti ed interventi straordinari per mettere in sicurezza la città di Modena, che verranno concessi nella misura di 10 miliardi di lire per realizzare i primi interventi di messa in sicurezza del territorio: le casse di espansione di Secchia e Panaro, nuove traverse, ringrossi e sopraelevazioni arginali.

Nel 1982, anche il Comune di Modena istituisce, dopo Regione e Provincia, l'Assessorato all'Ambiente, un unico nuovo strumento di lavoro che unifica le diverse problematiche di governo dell’ambiente e del territorio in un proprio unico ambito, avviando quel superamento, per dirla alla Liliano Famigli, della confusione delle funzioni, della giungla delle competenze, della disorganicità e settorialità degli interventi, della logica degli interventi riparatori.  Subito dopo saranno istituiti, in coerenza, i relativi settori tecnico-amministrativi.

Casse Panaro
 


 TERREMOTI

Storia sismicaL'altro elemento di pericolosità naturale a Modena è rappresentato dai terremoti, effetto diretto dei movimenti che interessano le porzioni (dette in gergo “placche”) in cui è suddivisa la crosta terrestre. Compresa tra due linee tettoniche caratterizzate da un certa attività sismica, la linea Parma-Scandiano-Sassuolo e quella della cosiddetta “dorsale ferrarese”, Correggio-Finale Emilia-Ferrara, Modena risente di eventi sismici che si manifestano in quei luoghi o in altri più lontani (linea tettonica del crinale appenninico e dalla Garfagnana, ove si sino registrati siti epicentrali di sismi a forte intensità). L'intensità massima registrata a Modena non ha comunque mai superato, nell'ultimo secolo, il 6° grado della scala Mercalli e gli effetti prodotti non hanno mai indotto cambiamenti nella struttura del paesaggio urbano.


TettonicaE' comunque interessante ricordare gli effetti, registrati dalla cronaca locale, verificatisi dopo alcune delle scosse sismiche più forti avvertite dai cittadini modenesi nel secolo scorso.
Un terremoto con epicentro in Garfagnana, l’8 settembre del 1920, produsse paura tra i modenesi, oscillazione della Ghirlandina ed il rintocco della campana del Palazzo Comunale. Lo stesso sisma fece danni e vittime in Appennino a Pievepelago, Frassinoro, Sestola e Pavullo.
Il 20-21 aprile 1929, due scosse di terremoto equivalenti al 5° grado della scala Mercalli vennero avvertite in città, l’epicentro collocato nel bolognese.
Il terremoto più recente, del 15 ottobre 1996, ebbe epicentro a Bagnolo in Piano (R.E.), con intensità 7° grado della scala Mercalli (magnitudo 4.8 della scala Richter), seguita dopo poche ore da un’altra scossa del 6° grado della scala Mercalli. A Modena produsse gravi danni agli edifici storici come il Palazzo dei Musei, il campanile di San Domenico e il Cimitero Monumentale; vi furono cadute di comignoli in centro storico, la Ghirlandina oscillò, si crearono crepe al Policlinico, e ci fu un fuggi-fuggi all’ipermercato Grand’Emilia, con grandi danni, ma per fortuna senza nessuna vittima.

Effetti localiSe ad oggi i terremoti non si possono prevedere, è possibile però conoscere, statisticamente, quale intensità è verosimile attendersi per il nostro territorio, quale frequenza temporale tale sismicità potrà avere e, soprattutto, quali sono i terreni e le morfologie che possono amplificare o smorzare l’intensità del sisma, con la possibilità di prevedere anche quali effetti essi possono determinare sulle strutture. Questo diviene di fondamentale importanza per la pianificazione territoriale ed infatti il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) della Provincia di Modena, approvato nel 2009, contiene diverse tavole in cui vengono zonizzati i terreni suscettibili di amplificazione sismica, in cui sono da attendersi determinati effetti locali e nei quali le nuove costruzioni potranno essere realizzate solo dopo aver eseguito particolari indagini geofisiche e geologiche.

 

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