Fonderie Riunite

viale C. Menotti

1938

Lorenzo Giacomazzi

 

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 Figura 1 - Vista della palazzina uffici in un’immagine degli anni Cinquanta.
(Istituto Storico Modena, Fondo CGIL/52)

La Società Anonima Fonderie Riunite Ghisa Malleabile viene fondata da Adolfo Orsi, dopo aver rilevato la Società Anonima Fonderie Ghisa Malleabile Cremonini, una piccola azienda costituitasi nel 1929, e inizia nel 1938 la produzione di ghisa speciale, comune e malleabile. L’insediamento produttivo consolida la presenza, in questa parte di città, di impianti di seconda fusione.
Dal 1947 si acutizza lo scontro tra sindacati e azienda, con licenziamenti e serrate. La mattina del 9 gennaio 1950, durante uno sciopero generale di solidarietà con i lavoratori, che raduna ventimila persone, le forze dell’ordine, dopo aver allontanato alcuni operai che tentavano di entrare nella fabbrica, aprono il fuoco contro i manifestanti, uccidendo sei persone. Le Fonderie sono così il teatro di uno degli episodi più drammatici della storia recente della città e diventano simbolo delle lotte operaie, anche a livello nazionale.
Dopo questi tragici eventi le Fonderie Riunite passano al gruppo Cremonini e cambiano la denominazione in Fonderie Ghisa Malleabile fino al 1952, al rientro della famiglia Orsi, che conserva la proprietà fino al 1966. La gestione venne poi assunta direttamente dagli operai, esperienza interrotta dalla recessione economica del 1971. Le Fonderie di Modena, divenute una società cooperativa a responsabilità limitata nel 1973, si uniscono alla “Cooperativa Fonditori” nel 1982, cessando l’attività nell’originario stabilimento. Gli immobili sono ceduti, l’anno seguente, all’Amministrazione Comunale modenese.
Il primo progetto dello stabilimento presentato nel 1936 dal geometra Scianti per conto della Società Anonima Costruttrice Immobiliare di Modena (SACIM), propone un fronte principale su via Ciro Menotti, in cui si rende visibile l’adesione del progettista al funzionalismo, che proprio sull’estetica della fabbrica aveva costruito gran parte dei propri presupposti.

Figura 2 - Prospetto del progetto originario della palazzina uffici, 1936. (ASCMO, foto P. Pugnaghi)

Figura 3 - Prospetto nord del progetto di ampliamento dei nuovi capannoni, 1937. (ASCMO, foto P. Pugnaghi)

Tale ricerca è applicata, qui, in chiave monumentale, caratterizzandosi per una spiccata simmetria e per l’uso di elementi appartenenti al repertorio modernista, come le finestre a nastro, le svasature curvilinee dell’ingresso accentuato da inserti in vetrocemento. Il successivo progetto, presentato nel 1937 dall’architetto Lorenzo Giacomazzi, recepisce le indicazioni della Commissione d’Ornato del Comune, abbandonando completamente il riferimento all’edificio razionalista, per assecondare un linguaggio più tradizionale, riferibile a quello delle vicine Acciaierie. Si mantiene tuttavia la cifra monumentale, visibile nella presenza di un corpo centrale e di due ali simmetriche laterali più basse per una lunghezza complessiva di 74,5 metri.
Le finestrature a nastro, che conferivano al primo progetto una spiccata orizzontalità e assecondavano lo sviluppo delle dimensioni della fabbrica, sono sostituite da una sequenza, cadenzata dallo stesso passo, di semplici aperture verticali tutte in asse tra loro, aperte nel paramento murario interamente in mattoni faccia a vista, eccezion fatta per il rivestimento a intonaco della doppia fascia di finestre laterali del corpo centrale. La palazzina degli uffici, a cui è destinato quest’ultimo, ospita anche locali di servizio, depositi, spogliatoi e una mensa per i lavoratori. Al centro, il passaggio consente l’accesso al grande cortile, inizialmente da collegare con un ramo della ferrovia, lungo cui si dispongono i reparti per la lavorazione, realizzati in pilastri e capriate in cemento armato prefabbricato. Nel 1953 sono aggiunti alcuni corpi di fabbrica agli edifici esistenti, nei quali furono collocati i locali della sabbiatura, delle stufe e dei magazzini.
Nel 1998, in sostituzione di un piano steso, nelle sue linee guida, da Giovanni Astengo, si avvia un programma di riqualificazione dell’area della fascia ferroviaria che, dalla metà degli anni Ottanta, ha visto la progressiva dismissione di numerosi impianti produttivi, tanto da concentrare qui il 71% delle intere superficie in disuso di tutta la città. Per le Fonderie si prevede la trasformazione in sede unificata dei servizi di prevenzione della USL, poi non realizzata. Nel 2000 si avvia la demolizione di alcuni fabbricati industriali della zona, ma non dell’edificio delle Fonderie, per il quale s’indice nel 2008 un concorso internazionale di idee bandito dal Comune al termine di un percorso di progettazione partecipata denominato DAST (Design,
Arte, Scienza e Tecnologia). Il concorso è stato vinto dal gruppo romano Modostudio, con gli emiliani CCDP. Il progetto non è stato attuato.

Figura 4 - Prospetto del progetto modificato della palazzina uffici, 1937. (ASCMO, foto P. Pugnaghi)


Fonti archivistiche e bibliografiche
ASCMO, Ornato, 1939/245.

AA.VV., La fabbrica con il cortile. Le ex Fonderie riunite di Modena. Storia e cultura, Modena, Edizioni Artestampa, 2007.
G. Muzzioli, Modena, Bari-Roma, Laterza, 1993.
E. Ferrari, Le Fonderie riunite di Modena, Roma, Editrice Sindacale Italiana, 1974.
V. Borghi, G. Leoni, A. Borsari, Il campo della cultura a Modena. Storia, luoghi e sfera pubblica, Milano, Mimesis, 2011.
IBC Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturalistici della Regione Emilia-Romagna, L.R. 19/98. La riqualificazione delle aree urbane in Emilia-Romagna, Bologna, Editrice Compositori, 2011.
G. Piscitelli, Per una città partecipata. Passato e futuro delle ex Fonderie riunite di Modena, in M. Tozzi Fontana, E. Chirigu (a cura di), Il patrimonio industriale a Modena. Atti della giornata di studi (Modena, 15 aprile 2011) Bologna, AIPAI IBC, 2014, pp. 65-72.
G. Villanti (a cura di), La città promessa. Progetti e strategie a Modena per salvare la periferia da se stessa, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2003.
IBC, Catalogo del patrimonio culturale. Archeologia industriale, Modena.

 

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