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Villaggio Zeta e Cinema Raffaello

Strada Formigina - viale del Sagittario - viale dello Zodiaco, Stradello del Luzzo

1963-69

Piano urbanistico Ada Defez, Emilio Montessori
Architetture Tiziano Lugli, Franco Lipparini, Roberto Corradi

 

Il piano urbanistico del Villaggio Zeta sorto a partire dal 1963 per iniziativa privata, a differenza di altri interventi di espansione prevalentemente pubblici di quegli anni, viene affidato a Ada Defez ed Emilio Montessori. Dopo i primi disegni redatti dalla Defez, il progetto urbanistico passa al collettivo Corradi, Lipparini, Lugli. La ricerca della varietà tipologica e la dotazione di verde ben al di sopra degli standard dell’epoca sono fra le caratteristiche principali del progetto. Peraltro esso costituisce uno dei primi esempi di quartiere destinato ad una classe media di recente inurbata, in cui il richiamo a una dimensione intima dell’abitare (e con essa alla tipologia del villino bi - o unifamiliare e alla retorica del “villaggio”) diverrà sempre più evidente dagli anni Settanta. Il progetto prevede tuttavia anche una serie di edifici multipiano ad appartamenti, seppur di dimensioni controllate. Si tratta infatti di un intervento che propone un interessante confronto fra scala urbana e scala architettonica. In posizione baricentrica vengono collocati i servizi e gli spazi verdi comuni, mentre la viabilità che disegna gli isolati è in gran parte impostata su uno schema organico, secondo un’estetica da città-giardino rivisitata.

L’area è organizzata secondo un asse trasversale, viale del Sagittario, e un asse longitudinale, viale dello Zodiaco, poi Stradello del Luzzo, che individuano un percorso sul quale si susseguono il centro commerciale, la scuola elementare e l’asilo (Lipparini, 1969) la chiesa e il complesso parrocchiale S. Paolo Apostolo (Lipparini, 1984-87) con i campi sportivi retrostanti. Più che nell’impianto urbano complessivo, come accade nel vicino Villaggio Giardino, la sperimentazione morfo-tipologica è ricercata nei singoli comparti costruiti, in particolare nella residenza, che costituiscono un vero e proprio laboratorio: case a schiera – quasi mai proposte nell’aggregazione tradizionale consueta, ma spesso sfalsate, raggiungendo una maggiore articolazione definita “trama urbana” – ville isolate, torri, case a ballatoio; si studia il rapporto tra costruito, pertinenze, spazi aperti privati e semipubblici (accessi, corti interne, terrazzi e giardini pensili, giardini condominiali) e si testano sistemi costruttivi prefabbricati.

Vista del Villaggio a Nord (Foto V. Bulgarelli)

Le tipologie architettoniche si rifanno invece ad un sobrio linguaggio che ancora risente di stilemi razionalisti. In particolare quelle di Tiziano Lugli, che insieme a Roberto Corradi e Franco Lipparini firma la maggior parte degli edifici, propongono ricercati effetti di varietà all’interno di un vocabolario altamente semplificato. Si tratta di tre nuclei di differenti dimensioni, due composti rispettivamente da venti e sedici schiere di alloggi, e il rimanente da trentadue appartamenti, variamente composti e sovrapposti. Nei primi due casi tutte le abitazioni hanno ingresso indipendente e giardino privato su un lato, e sono aggregate attorno ad un’area condominiale comune. Le unità abitative del nucleo a ventidue schiere, rigorosamente in paramento laterizio a vista con tetto a falda unica, si sviluppano su due livelli e presentano sempre un soggiorno a doppia altezza. Il nucleo di sedici schiere è formato invece da due unità abitative differenti, aggregate a formare due ampi piazzali verso la strada. La zona centrale, dove si trovano i parcheggi, è collocata ad una quota più bassa rispetto al piano di campagna ed è raggiungibile dalle abitazioni attraverso una serie di percorsi pedonali coperti. Interessante, sul prospetto verso il giardino privato, la vetrata a tutt’altezza del soggiorno doppio, dalla quale si intravede il ballatoio del piano superiore. L’ultimo nucleo, il più compatto, prevede invece una serie di alloggi di differente taglio, dai mini ai duplex, variamente aggregati a formare ai piani superiori ampie terrazze che diventano elemento di caratterizzazione formale degli articolati prospetti. Lugli progetterà negli anni successivi anche i blocchi ad appartamenti in via Donatori di Sangue (1975), primi di una serie di torri in altre parti della città (come quella della sede sindacale CGIL in via IV novembre del 1979) in cui l’ampio uso del cemento armato a vista configura un’architettura dal deciso carattere neoplastico.

 

Cinema Raffaello

Strada Formigina 380

1973, 1977-78


Vinicio Vecchi


Il cinema Raffaello, il cui progetto viene presentato da Vinicio Vecchi nel 1973 e realizzato fra il 1977 e il 1978, rappresenta il punto di arrivo di una ricerca progettuale che aveva visto l’architetto modenese fra i maggiori progettisti di sale cinematografiche in Italia. Il modello è quello a platea unica, già utilizzato per il Principe (1959-61) e l’Olympia (1954), differente dalla sala tradizionale a platea e galleria che si era andato affermando con i cinema-teatro prima della seconda guerra mondiale. È una soluzione che consente una razionale distribuzione degli spazi d’ingresso e di servizio e allo stesso tempo un’ottimale conformazione della sala da un punto di vista visivo e acustico. Analogamente al Principe e all’Olympia, l’ingresso, la biglietteria, il guardaroba e il bar, sono collocati al di sotto della parte alta della platea, la cui galleria d’accesso è visibile all’esterno e tamponata con vetrate trasparenti, inverando quel modello della “facciata-schermo” consueto in questi anni. Al di là però di questo modello tipologico/formale e della stretta coerenza forma/funzione, le analogie con i precedenti cinema finiscono qui. Il Raffaello infatti, il cui progetto, nonostante una realizzazione tarda, si situa all’inizio degli anni settanta, mostra un mutamento significativo del linguaggio rispetto alla precedente produzione dell’architetto modenese. L’esterno esibisce una serie di elementi strutturali volutamente espressivi e in alcuni casi sovradimensionati. All’esilità dei montanti laterali in metallo del Principe si contrappongono nel Raffaello le teste delle travi di cemento armato su cui poggia la sala vera e propria, un volume che in facciata si presenta cieco e massiccio, solcato semplicemente da una finestra a nastro che dà luce al corridoio di accesso al livello più alto, contrapposto volutamente alla galleria d’accesso sottostante, vetrata e con la struttura in cemento a vista. Ad accentuare ulteriormente questo effetto di volumi innestati l’uno nell’altro, evidente se si osservano i due prospetti laterali, è anche il progressivo accentuarsi dell’aggetto dei diversi livelli procedendo dal basso verso l’alto, a partire dalla semplice vetrata trasparente dalla struttura arretrata che caratterizza il piano terra. Pregevoli anche gli interni: oltre all’ampio uso di moquette e di fasce metalliche continue a sottolineare i percorsi e gli elementi di risalita, espediente ricorrente in molti progetti di pochi anni precedenti come ad esempio l’Embassy e il Cavour, Vecchi disegnerà minuziosamente anche tutti gli arredi.

Vista fronte principale del Cinema Raffaello (Foto V. Bulgarelli)

Analogamente a quanto accaduto per la maggior parte dei cinema da lui ristrutturati (fra i più importanti in tal senso il Metropol, lo Splendor e lo Scala), nel 1998 Vecchi si occuperà anche del progetto per la trasformazione in multisala dell’originario edificio, con la riarticolazione dello spazio interno che passa da tre a sei sale, poi avvenuta nel 2002. Il lavoro di progettazione sarà poi affidato ad altri, con esiti che non dialogano con il manufatto originario.


Scheda a cura di Federico Ferrari.


Fonti archivistiche e bibliografiche

Archivio Sportello Unico Edilizia, prot. 888/68 – 563/68 – 318/65 – 676/67, prot. 904/73
Archivio Vinicio Vecchi, Biblioteca Civica d’Arte "L. Poletti", b. 12, fasc. 127.

Villaggio Zeta, in «Presenza Tecnica», n. 3, dicembre 1973.

R. Scatasta, Tiziano Lugli. Architetture, Milano, Electa 2003, pp. 24-27.

C. Mazzeri, L. Fontana, Vinicio Vecchi, un architetto e la sua città: materiali di studio, primo regesto delle opere, testimonianze, Atti del convegno, Parma, Edicta 2008.

F. Ferrari, I cinema di Vinicio Vecchi nel contesto italiano, in C. Barbieri, L. Fontana (a c. di), Modena. Il cinema e i cinema, Modena, Edicta 2011, pp. 41-66.

 

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