25/09/2012

URBANISTICA \ 1 – NEL 2020 DISAGIO ABITATIVO PER 8.000 FAMIGLIE

Lo stima il Cresme nell’indagine sul fabbisogno di case che è alla base del Psc dove si ipotizza Modena sotto i 200 mila abitanti nel 2032. Il 1 ottobre in Consiglio

Nel 2020 il disagio abitativo a Modena riguarderà circa 8 mila famiglie, rispetto alle circa 6 mila individuate nel 2010. E’ la stima del Cresme, il Centro ricerche economiche e sociali di mercato per l’edilizia e il territorio, che ha realizzato un’analisi della domanda abitativa in città partendo dagli scenari demografici, dallo studio del patrimonio esistente e del mercato immobiliare. Proprio sulla base dello scenario demografico sono definite le ipotesi minime e massime di crescita della città: in quella minima si prevede una riduzione dei flussi di immigrazione del 55 per cento in dieci anni (più accentuato nella prima fase, a causa della crisi economica, poi progressivamente in crescita con la ripresa), in quella massima la crescita continuerebbe con i livelli attuali portando la popolazione complessiva a quota 198 mila nel 2020. Nel decennio 2010-2020, quindi, la domanda abitativa fisiologica si attesterebbe tra i 4 mila e gli 8 mila alloggi.

L'indagine del Cresme, presentata martedì 25 settembre in un incontro pubblico con gli assessori comunali Gabriele Giacobazzi (Programmazione, gestione del territorio e infrastrutture) e Daniele Sitta (Sviluppo economico), rappresenta uno degli strumenti di analisi per l’elaborazione del documento di indirizzi del Piano strutturale comunale (Psc) la cui prima proposta verrà illustrata lunedì 1 ottobre al Consiglio comunale per poi aprire un’ampia consultazione nell’ambito del percorso di Effetto Modena, gli Stati generali della città, con l’obiettivo di approdare all’approvazione del documento definitivo all’inizio del 2013.

“La crisi che stiamo attraversando – spiega Giacobazzi – costringe tutti a una valutazione ancora più attenta degli scenari socio economici su cui agisce l’urbanistica. Rispetto alle analisi demografiche del Cresme, nelle linee di indirizzo del Psc che stiamo definendo sceglieremo, su di una prospettiva ventennale, di ipotizzare uno scenario intermedio con un incremento di circa 6 mila abitanti nel prossimo decennio, rispetto agli attuali 186 mila, per attestarci al di sotto dei 200 mila residenti nel 2032. E’ un aumento del 3,6 per mille annuo, ottimista nel breve periodo ma equilibrato nell’arco dei vent’anni, sulla base del quale Modena rimane Modena, per dimensioni e relazioni con il resto del territorio provinciale”.

Nella definizione del fabbisogno abitativo intervengono anche altri fattori come la dinamica delle famiglie anagrafiche (con il numero dei componenti che diminuisce), il rapporto tra famiglie e alloggi e una segmentazione della domanda che tiene conto di residenti e non residenti, della provenienza, delle fasce di età, dell’attività dei single (pensionati, studenti fuori sede e i cosiddetti “city user” che a Modena sarebbero circa 2 mila, con solo il 15 per cento che condivide l’alloggio con altre persone).

“La capacità produttiva degli ultimi otto anni – spiega Giacobazzi – è stata mediamente di 750 abitazioni all’anno, in gran parte per nuove costruzioni. Il fabbisogno virtuale nei vent’anni del Psc non di discosterà molto da questo andamento e si utilizzeranno in gran parte le potenzialità dello strumento urbanistico già in vigore, oltre agli effetti della trasformazione e riqualificazione dell’esistente, con riduzione delle dimensioni medie degli alloggi a parità di superficie: 1,3-1,4 alloggi nuovi ogni alloggio vecchio”.

Le 15 mila abitazioni vuote o sottoutilizzate rilevate dal Cresme in città rappresentano il 16 per cento dell’intero patrimonio abitativo (93 mila alloggi in 16 mila edifici) ma sono 8.500 quelle effettivamente non utilizzate (le altre sono occupate da non residenti o poco utilizzate, con consumi energetici inferiori a una media di 30 kwh al mese) e di queste quasi 2.900 sono considerate patrimonio “frizionale” nel mercato immobiliare (in vendita, in attesa di essere locate, in ristrutturazione), mentre sono 5.600 quelle a disposizione dei proprietari. “Si tratta di un numero apparentemente alto – commenta Giacobazzi – che però difficilmente si potrà ridurre, rappresentando una quota fisiologica non comprimibile”.

Per gli ultimi anni, tra il 2006 e il 2011, il Cresme inoltre ha stimato in un migliaio gli alloggi invenduti, considerando anche le abitazioni ricavate da ampliamenti di edifici esistenti e da ristrutturazioni con frazionamenti e cambi di destinazione d’uso. Una recente rilevazione effettuata dal Comune indica in 500 le abitazioni di nuova costruzione non ancora vendute.

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