18/02/2013

APPELLO / 2 – A MODENA “CONGELATI” OGNI ANNO 23 MILIONI

Otto volte di più rispetto agli interessi sui debiti. Adeguare le regole alla norma sul pagamento entro 30 giorni. “Sì al risanamento, ma non con misure recessive”

Modena contribuisce alla stabilità otto volte di più di quanto contribuisca all’indebitamento. E’ questo infatti il rapporto tra i circa tre milioni di interessi annui che il Comune paga per i mutui e gli oltre 23 milioni da accantonare ogni anno per rispettare il Patto di stabilità. E’ anche da questo rapporto che nascono le proposte di modifica delle norme sul Patto di stabilità illustrate ai candidati modenesi alle prossime elezioni politiche.

“Non siamo più disposti a dire ai cittadini – si conclude l’appello sottoscritto dal sindaco Giorgio Pighi e dalla giunta – che il Comune è in ritardo nel pagamento alle imprese fornitrici ma, pur avendo il denaro per pagarle, può farlo in misura ridotta per il Patto di stabilità interno. Non siamo disposti a dire ai cittadini che forse realizzeremo meno investimenti perché il Patto non ci consente di rispettare l’impegno a pagare le imprese entro 30 giorni. E’ giunto il tempo di rivedere le strategie di risanamento, che sono necessarie, ma non devono passare attraverso misure recessive verso gli investimenti e le imprese”.

Le proposte di modifica, infatti, nascono anche dalla necessità di adeguarsi alle recente normativa che a livello nazionale impone alla pubblica amministrazione di pagare a 30 giorni dalla fatturazione. “E’ assolutamente condivisibile, e recepisce una direttiva comunitaria (2011/7 UE) rispetto alla quale l’Italia era inadempiente – è spiegato nel documento –. Tuttavia, tale normativa rischia di rimanere senza effetti per le imprese, se non avviene contestualmente uno sblocco del patto di stabilità.  Per i Comuni, concretamente, c’è il rischio di dover azzerare o quasi i nuovi investimenti nel 2013, presi come sono tra l’obbligo di pagamento immediato, e la mancanza di disponibilità di spazi finanziari a causa del Patto”.

I Comuni, quindi, si troverebbero da una lato a fronteggiare i pagamenti di somme già dovute e dall’altro ad astenersi da nuovi interventi, perché non potrebbero pagare le imprese con la celerità richiesta dalla legge.

Nel documento si spiega che il saldo obiettivo per i Comuni è calcolato con un criterio misto: competenza per la parte corrente, e cassa per il conto capitale che, per le uscite, corrisponde in massima parte agli investimenti in opere pubbliche. “In questo modo – si sottolinea – il vincolo di cassa sugli investimenti genera la necessità di un vistoso saldo positivo tra le risorse incassate e quelle pagate nell’anno: così le risorse presenti in cassa possono essere impegnate ma non erogate. In questo modo le imprese non hanno i loro denari, i cittadini non hanno le loro opere e i servizi che in esse dovranno svolgersi, i servizi si svolgono altrove in condizioni peggiori e più onerose, il denaro resta immobilizzato con tutto quello che comporta”.

A questa situazione si aggiungono i tagli alle risorse correnti nel 2013 che determinano gravi difficoltà nella chiusura dei bilanci: “Anche in questo caso – spiega il documento – i tagli sono ripartiti in base ai consumi intermedi, cosa che penalizza i Comuni con maggiori volumi di servizi e esternalizzazioni, mentre dovrebbero essere ripartiti sulla base dei costi e fabbisogni standard. Il Patto di stabilità deve mirare a generare comportamenti razionali e virtuosi, volti a restringere l’indebitamento, non semplicemente a bloccare nelle casse comunali le risorse della comunità”.

 

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