07/10/2014

GIORNATA DEL CONTEMPORANEO, ALLA CIVICA VISITE E INCONTRO

Sabato 11 ottobre: alle 15.30 alla Palazzina per “Michelangelo e il Novecento”, alle 17 a Palazzo S. Margherita per “Jamie Reid”, alle 18 conferenza sul “1905”. Iniziative gratuite

Due visite guidate alle mostre in corso e una conversazione pubblica su un anno “che cambiò la visione del mondo”, il 1905. La Galleria civica di Modena propone diverse iniziative gratuite e aperte a tutti sabato 11 ottobre, in occasione della decima “Giornata del Contemporaneo”, che l'Amaci (Associazione dei Musei d'Arte Contemporanea Italiani di cui fa parte anche l’istituto modenese) promuove ogni anno su scala nazionale.

A Modena si incomincia alle 15.30 con una visita guidata condotta da Giovanna Maria Dell'Acqua alla mostra “Michelangelo e il Novecento” allestita alla Palazzina dei Giardini Ducali. A seguire, alle 17, altra visita guidata, questa volta a cura dello staff della Galleria, alla mostra "Jamie Reid. Ragged Kingdom" allestita a Palazzo Santa Margherita in corso Canalgrande 103.

Per partecipare a entrambe le iniziative è sufficiente presentarsi alle sedi espositive qualche minuto prima dell'inizio.

La conversazione dal titolo "1905. Un anno che cambiò la visione del mondo", inizia invece alle 18 nella Sala conferenze della Biblioteca Delfini, ingresso dal chiostro di Palazzo Santa Margherita di fianco al bar. Protagonisti Marco Pierini, direttore della Galleria civica di Modena e il fisico Francesco Tampieri, docente all'Università di Bologna e ricercatore del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche).

Suggestiva l’ipotesi, o meglio la constatazione, che dà l’avvio al dialogo: “Se lo scorrere del tempo è come il flusso della sabbia in una clessidra, il 1905 fu – casualmente? – la strozzatura che raccolse tanto del passato nell’arte e nella scienza e diede avvio a una grande rivoluzione della visione del mondo”. Eventi, mostre, pubblicazioni, in effetti, hanno preso vita nel corso di un anno “magico” che ha raccolto eredità del passato e allo stesso tempo ha lanciato un ponte verso il futuro. “Il 1905 è stato un anno casualmente paradigmatico – spiega il direttore Marco Pierini - ed è bello ripercorrerlo con leggerezza per cogliere un’atmosfera, una congiunzione astrale (direbbero alcuni), e magari lanciare qualche spunto per l’attualità. È noto come gli inizi del XX secolo siano stati densi di novità in tutti i campi dell’attività umana. Val la pena – prosegue Pierini - conversare attorno a cinque spunti che attengono a mondi tradizionalmente lontani: la fondazione del gruppo Die Brücke a Dresda, la pubblicazione di tre articoli di Einstein sui quanti di luce, sul moto browniano e sulla relatività, la mostra dei Fauves al Salon d’Automne a Parigi. Fritz Bleyl, Erich Heckel, Ernst Ludwig Kirchner e Karl Schmidt-Rottluff volevano rovesciare le convenzioni dei pittori che li avevano preceduti, esprimere le loro emozioni con intensità nuova. Albert Einstein credeva, potremmo dire, in una consistenza interna delle leggi della natura, che lo spingeva a lavorare su ipotesi fortemente rivoluzionarie pur di salvaguardare la sua visione del mondo (e non si parla di storia della scienza, ma piuttosto della necessità di sistematizzare brandelli di conoscenza). L’analisi del moto browniano e la formulazione di un’equazione stocastica per descrivere il comportamento collettivo di un insieme di oggetti – le particelle inanimate osservate da Brown più di mezzo secolo prima – possono essere lette come se la tensione verso la comprensione dei fenomeni complessi si debba arrestare di fronte a un limite invalicabile: l’impossibilità di conoscere ogni singolo dettaglio del moto. E tuttavia la mente umana può formulare nuovi schemi di lettura dei fenomeni e di previsione. Henri Matisse e André Derain – conclude il direttore della Galleria civica di Modena -guidarono una pattuglia di artisti inebriati dalla luce e dal colore che ottenne la sala centrale del Salon d’Automne parigino il 15 ottobre del 1905. Il critico Louis Vauxcelles, notando una statua in marmo in mezzo a una sala tanto violenta, squillante, accecante, proruppe nel celebre giudizio: ‘un Donatello parmi les fauves’, attribuendo così, sebbene inconsapevolmente, il nome al gruppo. La visione delle ‘belve’ era meno drammatica e più mondana di quella dei colleghi tedeschi, dei quali condividono comunque vigore, energia e intento sovversivo, almeno in campo estetico”.

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