Sono numerosi i consiglieri intervenuti in occasione dell’approfondimento sulla violenza contro le donne di giovedì 24 novembre. Nell’occasione, il Consiglio comunale ha anche approvato un ordine del giorno che chiede formazione per il personale dell’Ente che interviene nel percorso di accompagnamento e protezione delle donne e invita a proseguire nella azioni di contrasto del fenomeno e di supporto di chi vuole uscirne (voto favorevole di Pd, Per me Modena, Sel, Fas – Sinistra italiana, M5s e astensione di FI).
Per il Pd, Simona Arletti ha evidenziato quelle che possono essere “le azioni in grado di fare la differenza: il dialogo tra donne della società civile e Istituzioni, il ruolo dei media e quello delle università. Sul primo punto a Modena ci sono buone prassi ma devono essere sempre rinnovate. Le informazioni che vengono date dai media hanno un grosso influsso ed è necessario che su argomenti come il femminicidio il taglio sia meno stereotipato. Infine – ha aggiunto – non basta essere sensibili su questi temi, ma bisogna anche essere preparati: serve più formazione, manca un sapere riconosciuto che deve partire dalle università”. Fabio Poggi, evidentemente emozionato, ha ricordato alcuni degli ultimi casi di violenza sulle donne raccontandoli in prima persona a nome di ciascun uomo che ha compiuto tali gesti. Il consigliere ha voluto sottolineare che con quelle azioni ogni uomo “è meno libero, meno padre, meno uomo. Se questo è un uomo – ha aggiunto – ogni atto di violenza è anche un suicidio della stessa idea di uomo, ogni atto di violenza uccide un po’ anche me ed è un fardello di cui ogni uomo deve farsi carico”. Vincenzo Walter Stella ha posto l’attenzione sul “drammatico effetto collaterale della violenza sulle donne perpetrata nell’ambiente familiare: anche i bambini sono vittime innocenti, indifese e inconsapevoli della violenza assistita – ha detto – anelli deboli, silenziosi e troppo spesso dimenticati. Questi bambini, anche una volta cresciuti, rimangono spesso traumatizzati dalla solitudine vissuta e dal senso di colpa per non essere stati in grado di aiutare le madri. Al momento non esistono norme a tutela dei bambini testimoni di violenza, né programmi mirati di assistenza e supporto”. Grazia Baracchi ha esposto “dati allarmanti raccolti con un questionario tra 250 studenti di una classe media di Modena, da cui emergono stereotipi, giustificazioni e qualunquismo, dimostrando l’importanza di intervenire con progetti di prevenzione. Con specifici percorsi formativi – ha proseguito – è possibile ridurre anche della metà il numero di ragazzi che considerano la violenza come un modo naturale di esprimere i propri sentimenti, è possibile produrre cambiamenti significativi e veloci se effettuati fin dalle scuole primaria, quando ancora non hanno strutturato questi stereotipi”. Caterina Liotti ha precisato che “tutte le indagini e le riflessioni degli organismi internazionali hanno detto che la violenza è una manifestazione delle relazioni di potere storicamente disuguali tra uomini e donne, e che la sanità mentale non c’entra nulla. L’uomo violento non è un malato mentale – ha continuato – dietro la violenza, che è prevalentemente familiare, c’è il tema del possesso. Questi anni sono serviti a capire meglio cos’è la violenza, che è un tema culturale e che intervenire su questo è complesso”. Chiara Susanna Pacchioni ha riportato che “oltre alla petizione ‘Non una di meno’, oggi è stata presentata al Dipartimento Pari opportunità del Consiglio dei ministri un’altra petizione della Federazione donne evangeliche d’Italia. Questo per rendere evidente che, al di là delle colpe di cui anche la cristianità si è macchiata nei confronti delle donne, queste comunità religiose, e altre, sono accanto alla società civile nello sforzo di promuovere una effettiva parità dei sessi e di contrastare la violenza fisica, psicologica, economica e religiosa”.
Marco Bortolotti del M5s ha letto un discorso scritto a più mani da diverse donne del Movimento, nel quale si evidenzia come “questi anniversari siano utili se seguono azioni concrete. Troppo poco è stato investito per risolvere il problema della violenza sulle donne, a partire dallo Stato e dalla giustizia ad arrivare alla società. La donna non dovrebbe avere un posto in cui scappare, ma dovrebbe sentirsi sicura a casa sua e per far sì che ciò accada bisogna avere un sistema di giustizia che funzioni, mentre la situazione è che molte donne non denunciano nemmeno più le violenze”.
Marco Cugusi di Sel ha ricordato il caso di Bernardette Fella e ha sottolineato l’importanza “di curare l’aspetto formativo di chi si occupa di queste persone. Dovremmo riflettere molto sul portare avanti la Casa dell’emergenza – ha proseguito – soluzione più adeguata rispetto all’accoglienza alberghiera e forse non troppo più onerosa”. Il consigliere ha poi osservato che “c’è una prevalenza femminile nel lavoro professionale di cura, ma anche all’interno delle mura domestiche e questo non va bene: serve una rivoluzione culturale che non si può ottenere per legge”.
Antonio Montanini di CambiaModena ha citato il caso di una ragazzina di 13 anni violentata e ricattata da sette uomini per anni a Reggio Calabria. “Spesso queste violenze sono accompagnate da situazioni di omertà: in questo caso siamo di fronte al dramma di una figlia, e di una madre incapace di gestire una situazione complessa, che non ha avuto adeguato impatto mediatico. L’aggravante in questa vicenda è che la comunità locale non ha reagito, non si è indignata, fino quasi a incolpare la minorenne di essersela andata a cercare. La nostra indignazione – ha concluso – deve essere ancora più profonda e gridata nel momento in cui non c’è indignazione”.
Per Adolfo Morandi di FI, “questa giornata ha lo scopo di non abbassare la guardia. Credo che siano insufficienti i servizi in grado, nel momento in cui viene fatta denuncia, di bloccare queste situazioni, di individuare il rischio di una prossima violenza. Non è un problema solo dei servizi sociali del Comune di Modena – ha aggiunto – penso infatti serva un coinvolgimento dei servizi sanitari mentali”. Secondo il consigliere, inoltre, “all’insegna di una educazione laica si sta perdendo l’identità di cristiani: stiamo perdendo l’etica, il rispetto e l’amore per il prossimo”.
Sul tema è intervenuta anche l’assessora al Welfare Giuliana Urbelli che ha evidenziato come “l’accoglienza in emergenza sia un nodo cruciale: non è opportuno inserire nelle case rifugio le donne in emergenza per questioni di sicurezza delle altre ospiti presenti e di garanzia della tutela dell'indirizzo segreto. Anche i tecnici hanno però espresso perplessità e interrogativi sul collocamento in albergo – ha continuato – pur essendo a volte l'unico modo per mettere in protezione la donna con i figli minori, magari fuori Modena. Si propone quindi una valutazione a livello provinciale rispetto alle alternative di accoglienza in emergenza (albergo e casa) per individuare una soluzione intermedia, che racchiuda da un lato la possibilità di accoglienza protetta, attraverso una sorta di portierato, e flessibile h24”.
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