21/07/2020

INNOVAZIONE DIGITALE, IL DIBATTITO IN CONSIGLIO

Muzzarelli: “Con il Piano, Modena accetta la sfida di guidare la trasformazione tecnologica a favore dei cittadini”. Numerosi gli interventi dei consiglieri

“Approvando il Piano digitale 2020, Modena accetta la sfida dell’evoluzione tecnologica, che ormai è una necessità, per guidare la propria trasformazione digitale in modo favorevole per i cittadini, ricercando un’innovazione che tenga sempre le persone al centro per accompagnare la città nel futuro”. Lo ha detto il sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli aprendo il dibattito che, nel corso della seduta del Consiglio comunale di lunedì 20 luglio, ha portato l’assemblea ad approvare lo strumento di pianificazione e indirizzo strategico dell’innovazione tecnologica e digitalizzazione dell’ente (a favore Pd, Sinistra per Modena, Modena civica, Verdi e Forza Italia. Astenuti M5S , Lega Modena e Fratelli d’Italia–Popolo della famiglia). Dopo aver ricordato come la pandemia e il lockdown abbiano accelerato la transizione, “con una presa di coscienza individuale e delle famiglie che progressivamente utilizzano le opportunità tecnologiche per la propria vita”, il sindaco ha sottolineato che l’Amministrazione pubblica ha il compito di mettere a disposizione di cittadini e imprese le migliori opportunità: siamo ai primi posti in Italia fra le città ‘smart’, al primo tra quelle di medie dimensioni. Questa è la nostra direzione, e vogliamo accelerare”.

Irene Guadagnini, che ha aperto gli interventi del Pd, ha rimarcato che il Piano digitale 2020 è “strategico” per la città e porta “concretezza e organicità alle politiche per Modena digitale”. Dopo aver sottolineato come le infrastrutture siano “necessarie per permettere a tutti i cittadini di usufruire delle potenzialità del digitale con equità”, la consigliera si è soffermata sulla scuola che deve essere dotata di reti adeguate “a sostenere il lavoro quotidiano della didattica”. Anche per Vittorio Reggiani la connessione “per le scuole e per ogni studente”, insieme alle competenze digitali, serve a ridurre le disuguaglianze che si sono viste nel periodo del lockdown. E anche il Piano ha l’obiettivo di “governare l’innovazione tecnologica in modo che le misure previste siano utili a tutti e prevengano ulteriori disuguaglianze”. Per Federica Venturelli le tecnologie sono un “fattore di sviluppo sociale” anche attraverso la cooperazione con l’università, che rende “il tessuto urbano un luogo di apprendimento continuo”. La rivoluzione digitale, ha proseguito, “ci ha cambiato la vita, per molti aspetti in meglio e dobbiamo quindi svilupparla e migliorarla, senza subire la tecnologia ma governandola”. Secondo Ilaria Franchini il Piano “può colmare i divari sociali e rendere più equo il processo di formazione per ogni cittadino”. Il lockdown, infatti, ha reso evidente la difficoltà che molti hanno nel padroneggiare i mezzi digitali, è necessario, quindi “fare formazione perché i progressi tecnologici, che comportano benefici ma anche rischi, e coniugare valori umani e sociali con la tecnologia”.

Commentando i diversi contenuti del Piano, Elisa Rossini (Fratelli d’Italia-Popolo della famiglia) ha osservato che “va bene aumentare i servizi on line ma senza dimenticare gli anziani che non sono in grado di utilizzarli” e, sull’educazione digitale, che si dovevano prevedere “più percorsi per i genitori sui rischi che comporta l’accesso alle tecnologie”. Il Piano, ha detto, “non governa ma si fa governare dal progresso tecnologico, che però non è tale se non corrisponde a una crescita dell’uomo. Al contrario di questo, un governo conservatore investirebbe nel potenziamento delle strutture ma non entrerebbe nelle scelte valoriali, formando invece le persone per metterle in grado di fare scelte proprie”.

Per Enrica Manenti (M5s) il Piano “è uno strumento di innovazione utile anche se non è chiaro in tutte le parti”. Per la consigliera non bisogna dimenticare che la tecnologia “per quanto pervasiva, è solo un mezzo e chi rileva i rischi che comporta non deve essere tacciato di oscurantismo”; lo sviluppo tecnologico non va perseguito a ogni costo ed è “inutile se le persone non imparano a usare gli strumenti anche dal punto di vista dei contenuti e delle relazioni: faremmo uno sforzo enorme per non arrivare da nessuna parte”.

Per Lega Modena, Giovanni Bertoldi ha affermato che in una città moderna come Modena bisogna dare a tutti l’opportunità di accedere alla tecnologia, “ma non deve diventare un obbligo”. Soprattutto con i bambini l’approccio deve essere “molto prudente perché la tecnologia può modificare la loro forma mentis e diminuire la capacità di relazione e per questo sarebbe opportuna la formazione digitale dei genitori”. Bisogna, quindi, “andare avanti ma rispettare chi, per incapacità o per scelta, non intende essere una persona digitale”.  

Per Vincenzo Walter Stella (Sinistra per Modena) la Smart city deve essere “una grande opportunità per tutti, a prescindere da età, cultura e ceto sociale e, per questo, deve garantire anche le necessarie occasioni di apprendimento”. Ma, oltre ai vantaggi, evidenti in molti settori, bisogna che “l’amministrazione tenga in considerazione anche le inevitabili criticità e i rischi che l’accesso alla rete comporta”. Per il consigliere è necessario, quindi, “verificare costantemente che le tecnologie non risultino dannose per l’ambiente e la salute umana”.

Paola Aime (Verdi) ha affermato che la città “deve completare la transizione al digitale ma con criterio, rispettando il principio di precauzione che deve tutelare la salute delle persone e dell’ambiente”. Nel corso del lockdown, Internet ha dimostrato la sua utilità ma “contiene anche molte insidie: il digitale è un diritto, utilizzarlo in modo etico e consapevole è un dovere di tutti ma controllato dal pubblico e da chi ha una responsabilità sociale molto forte e precisa. La città digitale è un passaggio obbligato – ha concluso – e oggi non potremmo augurarci niente di meglio di quanto previsto nel piano, ma non scordiamoci l’umanità”.

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