24/08/2020

ACCOGLIENZA / 2 – UN SOSTEGNO CONCRETO PER RAYA E JASMINE

Due delle ragazze incluse nel progetto Intarsi, che proseguirà sino alla fine del 2021: un affiancamento dopo le difficoltà successive all'arrivo in Italia

“Intarsi – Azioni in rete per una comunità accogliente”, il progetto regionale finalizzato all'affiancamento dei nuclei familiari di origine straniera con minori a carico, in regola con le normative sul permesso di soggiorno e che si ritrovano in situazioni di difficoltà e vulnerabilità sociale, ha consentito di fornire un aiuto concreto a persone arrivate da tempo in Italia e che non possono più beneficiare dell'accoglienza. Alcune storie, per quanto solo accennate, possono aiutare a capire la complessità dei casi e degli interventi attuati, che potranno proseguire sino alla fine del 2021.

Raya (il nome è di fantasia) ha poco più di una vent'anni ed è arrivata in Italia nel 2017 da un Paese del centro dell'Africa. La sua migrazione come richiedente asilo, che le ha consentito di ottenere il permesso di soggiorno, è avvenuta mentre aspettava un figlio. Durante la gravidanza il padre del bambino l'ha però abbandonata e questa circostanza, abbinata all'assenza di una rete affettiva sul territorio, ha fatto emergere elementi di fragilità psicologica (poi superati). Terminata intanto la fase di accoglienza, la giovane si è ritrovata nella necessità di individuare una sistemazione abitativa finalizzata al riconoscimento dello status di rifugiata e, quindi, i servizi sociali hanno ipotizzato per Raya l'ingresso in una comunità ad alta autonomia per proseguire l'intervento di monitoraggio e sostegno. Per questo motivo la ragazza è stata inclusa nel progetto Intarsi: l'obiettivo è aiutarla a diventare autonoma, sostenendola nella ricerca di un lavoro e nella costruzione di una rete di supporto e di contatti; mentre per il bambino, che è accudito dalla madre, si potrà concludere il percorso educativo nel nido d'infanzia.

Anche Jasmine (il nome è di fantasia) ha un ventina d'anni e proviene dall'Africa. La sua storia è ancora più difficile e prende le mosse dalla promessa di trovare un lavoro in Italia per guadagnare i soldi necessari per curare la madre malata. Sbarcata a Lampedusa nel 2017, è stata spostata in una struttura della provincia di Modena dove ha avuto una relazione con un connazionale; in questa fase è stata ingannata da un uomo che, con assicurandole guadagni, le ha suggerito di allontanarsi e di recarsi in Sardegna. Qui è stata costretta a prostituirsi e, davanti al suo rifiuto, è stata picchiata. Durante una fuga rocambolesca ha contattato una conoscente che vive in Toscana, ma, una volta giunta a destinazione, la donna si è resa irreperibile; a questo punto Jasmine si è recata in un posto di polizia, dove è stata soccorsa e accompagnata in ospedale. I medici hanno accertato lo stato di gravidanza conseguente alla relazione di qualche mese prima nel Modenese: la ragazza ha chiesto di rinunciare al parto, tuttavia i termini sanitari erano già superati. È stato quindi contattato il padre del bambino, che ha manifestato l'intenzione di riconoscerlo. Dopo la dimissione dell'ospedale Jasmine è stata presa in carico dai servizi sociali del Comune di Modena, che l'hanno inclusa nel progetto “Oltre la strada” che affianca le vittime di grave sfruttamento, con una collocazione in una struttura protetta. Il suo percorso è proseguito con l'inserimento in Intarsi che è consistito in una prima fase di accompagnamento al parto e, a seguire, nel percorso di valutazione e sostegno delle competenze genitoriali e nell'indirizzamento verso l'autonomia.

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