17/03/2017

PIANO URBANISTICO, IL PRIMO DIBATTITO IN CONSIGLIO COMUNALE

Gli interventi dei consiglieri dopo l’introduzione dell’assessora Vandelli e la presentazione dello scenario demografico delineato dalla ricerca del Cresme

Il primo incontro del percorso verso il nuovo Piano urbanistico di Modena si è svolto in Consiglio comunale, nella seduta di giovedì 16 marzo, con un’introduzione dell’assessora all’Urbanistica Anna Maria Vandelli e la presentazione dello scenario demografico futuro del Comune di Modena delineato dallo studio di Cresme ricerche spa che è stato illustrato dal responsabile della ricerca Lorenzo Bellicini, a cui sono seguiti gli interventi dei consiglieri.

Il Movimento 5 stelle ha aperto il dibattito con Marco Rabboni che si è detto d’accordo sul concetto di competizione riportato nella presentazione quando significa “partire subito con uno scenario di trasformazione urbana che non crei immobilismo ma permetta di andare avanti. Meno d’accordo quando significa competizione con i Comuni vicini”. Giusto quindi per il consigliere “partire con la trasformazione per rendere la città innovativa ma anche per migliorare la qualità di vita dei cittadini attuali, che dovrebbe essere l’obiettivo dell’Amministrazione”. Per Luca Fantoni il Piano deve essere elaborato tenendo legate più prospettive, “l’abitare, il lavorare, l’area vasta. È stato detto che Modena deve giocare in attacco e divenire più attrattiva ma, dai dati presentati, sappiamo anche che nei prossimi anni aumenterà il numero degli anziani e non possiamo non tenerne conto”. Per il consigliere, nel progettare la città bisognerà prevedere “densificazione e riqualificazione, come l’abbattimento delle barriere architettoniche e una maggiore densità di servizi per portare le persone fuori casa. Per essere attrattiva la città deve avere un bassissimo livello di disoccupazione ma è chiaro che il modello industriale puro va a esaurimento e le città che crescono sono quelle innovative con start up, incubatori e industria 3.0”.  

Adolfo Morandi (FI), dopo aver concordato che “l’invecchiamento della popolazione è uno dei problemi principali di Modena”, ha affermato che “bisognerebbe avere una visione che superi almeno i prossimi venti anni”. Per il consigliere “rendere attraente la città per i giovani non è solo una questione di urbanistica ma di possibilità di lavoro, e qualificato. Andrebbero ulteriormente sviluppati l’università e i nostri istituti d’eccellenza e servono politiche a sostegno dell’economia. Vorrei politiche che vadano incontro alle esigenze di chi vuole fare impresa, ma finora non ne vedo né a livello nazionale né a livello locale. E i fenomeni migratori – ha concluso – non possono essere una soluzione al fatto che i nostri giovani non fanno figli perché non hanno prospettive economiche”.

Per Paolo Trande (Mdp) il Piano urbanistico andrebbe affrontato in termini di area vasta: “L’ambito ideale – ha detto –sarebbe un Consiglio comunale della Pianura padana perché non è più possibile affrontare temi così complessi restando nei confini comunali. Non abbiamo altri strumenti e quindi lo faremo, ma non dobbiamo comunque perdere di vista l’area vasta se non vogliamo rischiare di fare scelte di corto respiro”. Trande ha proseguito affermando che la scelta di attrarre i giovani “si riflette anche sulla capacità di tenuta delle politiche dei servizi e il welfare, punti di forza del territorio che hanno permesso di generare ricchezza”, e che quella del Piano urbanistico è “una sfida che dobbiamo giocare in modo partecipato e un grande momento di confronto per tutti”. .

Fabio Poggi (Pd) ha parlato di “suggestioni” entro le quali agire per “trasformare in opportunità le contingenze con le quali dobbiamo fare i conti. Tra queste: favorire un nuovo sistema di sviluppo perché è evidente che il sistema su cui Modena si è retta finora non può reggere più; disegnare un nuovo Piano con al centro la sostenibilità e il rispetto per l’ambiente; pensare a una trasformazione urbanistica che favorisca un nuovo welfare, di comunità e diffuso; tenere presente il mix demografico, non solo intergenerazionale ma anche interculturale. Ma la vera complessità che mi piacerebbe approfondire – ha proseguito il consigliere – è come questo bisogno di dinamicità si può conciliare con il tema della rigenerazione urbana: la mia paura è che ci sia una contraddizione tra le esigenze della rigenerazione e la dinamicità”.

Secondo Domenico Campana, di Per me Modena, “se siamo consapevoli della complessità dobbiamo ragionare di centro e periferia e di relazioni delle città con le periferie, che per noi sono la bassa e la montagna. Le questioni della qualità della vita e dell’interazione tra il consolidamento della nuova e rinnovata civiltà urbana con questa umanità periferica sono un tema che bisogna affrontare. Le scelte urbanistiche – per il consigliere – devono quindi avere la visione di una nuova e rinnovata qualità delle relazioni umane e cittadine perché sono queste che non solo procureranno consenso ma daranno l’anima ai progetti di rigenerazione urbana di cui abbiamo parlato”. Campana ha concluso osservando che Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna hanno forti integrazioni tra loro: “Possiamo pensare di metterci d’accordo e avere un futuro comune?”.

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