19/02/2002

IL CONSIGLIO PER LA DIFESA DELL'ARTICOLO 18

Votato a maggioranza un Ordine del Giorno dei Ds.
"Anche il Consiglio comunale con i lavoratori impegnati in questi giorni nella difesa dei loro diritti minacciati dalle proposte del Governo in materia di licenziamenti individuali. Lo ha ribadito ieri con una mozione approvata a maggioranza al termine di un lungo dibattito che ha visto maggioranza e opposizione di Centro destra su sponde opposte, lontane nelle analisi come sulle ipotesi di intervento sull'articolo 18. Il documento, illustrato in aula dal consigliere Massimo Mezzetti dei Ds che con i colleghi di gruppo Fauto Cigni e Antonino Marino aveva inoltrato la proposta di mozione al Consiglio, è stato votato dai gruppi Ds, Democratici, Udeur e Rc con il voto contrario di An e Fi. "L'attacco condotto all'articolo 18 dal Governo Berlusconi, aveva detto Massimo Mezzetti, tende a mettere in discussione una delle architravi del nostro diritto del lavoro e delle moderne relazioni industriali. Siamo di fronte ad un progetto della destra liberista che ha un solo obiettivo: riportare l'orologio della storia all'ora zero quando il lavoro non era un valore, la forma prima della cittadinanza ma era una semplice merce di scambio. Dire che si può essere licenziati senza giusta causa equivale ad affermare che ogni singolo operaio, o tecnico, o quadro, non conta in se stesso, per la carica di cittadinanza di cui è portatore, ma solo nella misura in cui è utile all'impresa, nei modi e nei tempi da questa stabiliti. Monetizzare poi la negazione di questa dignità è cosa ancor più volgare ed offensiva". Particolarmente critico l'intervento di Francesco Signorile (Fi) per il quale la mozione non solo è già superata per l'avvenuto accordo sul pubblico impiego, ma dice il falso sapendo di dirlo quando parla dell'articolo 18 la cui modifica viene presentata come generale per tutti i lavoratori. Del resto sulle posizioni del Governo proprio in questi giorni si è ritrovato anche il primo ministro inglese Tony Blair. La realtà è che la Cgil e i Ds non possono più fare a meno dello sciopero generale, per loro vera e propria ultima spiaggia. Anche per Achille Caropreso, sempre di Fi, l'ordine del giorno di un mondo del lavoro fermo agli anni fine sessanta quando fu approvato lo statuto dei lavoratori. Pensare che regole concordate 30 anni fa possano valere anche oggi vuol dire misurasi con l'impossibile. Di ben altro avviso Fausto Cigni (Ds) che ha ribadito il valore inalienabile della dignità affermata per i lavoratori dall'articolo 18. Da questo si deve partire anche per affrontare ogni pur necessario ragionamento sulle tutele da garantire pure a chi vive soluzioni di lavoro precarie. Ci sono fasi - ha detto Giorgio Pighi, capogruppo Ds - in cui il soggetto debole ha bisogno più che mai di regole di diritto e non di monetizzazioni della dignità. Su questo dato io credo serva dar spazio alla dialettica fra le parti, che è cosa ben diversa dalle accuse di strumentalizzazione e di voglia di sciopero mosse dal centro destra. Anche per Francesco Frieri, capogruppo di Rc, siamo di fronte ad un primo giro di vite del centro destra verso ristrutturazioni delle garanzie ancora più estreme. Probabilmente quello messo in atto con la proposta di modifica dell'articolo 18 non è che l'inizio di un percorso. Probabilmente l'ipotesi congiunta che Berlusconi e Blair hanno indicato per la riforma del lavoro, ha detto Gianpaolo Verna, capogruppo An, vi ha messo in seria difficoltà. Come sinistra italiana avete dimostrato di non sapere andare oltre i modelli degli anni sessanta. Non è con battaglie come quella avviata contro per l'articolo 18 che si può rispondere alle necessità del mondo del lavoro d'oggi". Non meno critico l'intervento di Giorgio Barbolini, capogruppo di Fi. La sinistra continua a ragionare di una Repubblica fondata solo sul lavoro e non viceversa, sul lavoro e l'impresa. Credo sia in questo riferimento ad una immagine sfuocata la difficoltà sempre più evidente del Centro sinistra a misurarsi con il mondo del lavoro. Antonio Maienza (Udeur) ha voluto subito ribadire che la centralità dell'uomo sul capitale per lui rimane un dato inalienabile. La mortificazione di un licenziamento ingiusto non può essere ripagata con nessun indennizzo. "

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