15/12/2005

'SELVAGGI' IN POSA PER L'ESPLORATORE

Dal 18 dicembre in mostra al Museo civico di Modena oltre 70 foto inedite recuperate dall'archivio ottocentesco. Un giro del mondo per catturare sguardi
La ragazza di Thaiti posa a seno nudo con una corona di fiori nei capelli. Il guerriero indiano esibisce le armi seduto tra i suoi trofei. Due giovani pescatori delle Isole Nicobar sono seduti su una canoa in un paesaggio di acqua e di palafitte. Sono oltre settanta le fotografie di viaggio tratte dall'archivio ottocentesco del Museo civico archeologico etnologico di Modena esposte nella mostra 'Sguardi da lontano', aperta nelle sale della raccolte etnologiche dal 18 dicembre (inaugurazione alle 11) al 18 giugno. Si tratta di una documentazione assolutamente inedita che viene presentata dal Museo in collaborazione con le Raccolte fotografiche modenesi e il contributo degli Amici dei musei e dei monumenti modenesi dopo un lavoro di studio e restauro fotografico (il catalogo propone testi di Ilaria Pulini, Michele Smargiassi e Chiara Dall'Olio). 'Ripercorrendo le rotte delle spedizioni oceaniche, dal Giappone alle Misiones del Chaco argentino, dalla Polinesia all'Oceano Indiano, dalle terre d'Africa fino alle regioni più remote della Nuova Guinea - racconta Ilaria Pulini, responsabile del Museo archeologico etnologico - l'obiettivo fotografico si fissa sui luoghi e sui volti di uomini e donne restituendo l'inquietudine inespressa dello sguardo dell'altro'. E' da poco passata la metà dell'Ottocento. Europa e America si coprono di strade ferrate, gli oceani si affollano di navi a vapore, sui fili del telegrafo le notizie corrono da un capo all'altro del globo. Sorgono i grandi imperi coloniali, fioriscono i commerci ed esplorare il mondo diventa anche un modo per conoscere le genti che lo abitano e per rintracciare nei più remoti angoli della terra gruppi umani che, in un'ottica tutta positivista di evoluzione del genere umano, vengono considerati veri e propri 'fossili viventi', testimoni dei più primitivi stadi di sviluppo dell'umanità. Per i primi antropologi la documentazione fotografica diventa così il necessario complemento della raccolta di oggetti e assieme ad essi forma parte integrante del patrimonio dei numerosi musei etnografici fondati nella seconda metà dell'Ottocento. Anche a Modena, il primo direttore del Museo civico, Carlo Boni, avvia nel 1875 una sezione etnografica che attraverso le ' testimonianze dei selvaggi e dei popoli semi-inciviliti' possa offrire utili spunti di confronto per lo studio delle raccolte preistoriche del Museo, secondo un approccio comparativo fra preistoria ed etnografia che trova in quegli stessi anni importanti esempi in tutta Europa. 'Nell'allestimento ottocentesco del Museo le fotografie a soggetto etnografico integravano l'esposizione con funzione didascalica, a volte con riferimenti puntuali ai materiali esposti, più spesso per evocare ambienti, situazioni e paesaggi', racconta Ilaria Pulini. Alcune di esse si riferiscono a precise spedizioni scientifiche e presumibilmente sono state realizzate da fotografi che accompagnavano la missione, come quelle riportate assieme a numerosi materiali etnografici dall'astronomo modenese Pietro Tacchini dai suoi viaggi effettuati per l'osservazione dei fenomeni celesti. In altri casi ci si trova invece di fronte a immagini prodotte da laboratori fotografici locali, dove l'attenzione alla documentazione etnografica si attenua lasciando spazio alla ricerca estetica o all'effetto scenografico in linea con quell'esotismo coloniale in voga in tanta arte e letteratura del tempo.

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