24/11/2006

"SAN CATALDO, SCONGIURIAMO LA CHIUSURA DEL CONVENTO"

Il sindaco di Modena Pighi scrive al responsabile regionale dei frati francescani
“La chiusura del secolare convento di San Cataldo sarebbe vissuta come una perdita grave, per certi aspetti una frattura con la nostra storia locale per l’intera collettività modenese. Mi rendo perciò pienamente disponibile per favorire ogni soluzione utile a scongiurare la chiusura del convento, salvaguardando e anzi valorizzando la presenza della spiritualità ed operatività sociale francescana a Modena”.
Il sindaco di Modena Giorgio Pighi si è appellato con queste parole a Padre Bruno Bertolini, responsabile regionale dei frati francescani, a cui ha indirizzato una lettera nei giorni scorsi in seguito alle molte sollecitazioni da parte dei cittadini preoccupati dalla notizia che il convento possa chiudere. Il sindaco ha letto la lettera inviata a Bruno Bertolini nel corso del Consiglio comunale, rispondendo così all’interpellanza con cui Antonio Maienza (Udeur) segnalava l’eventualità della chiusura, ricordando l’incredulità “dei fedeli modenesi” che si aggiunge a quella provata dopo la chiusura del convento dei Cappuccini di via Ganaceto e sottolineando “l’impoverimento morale e spirituale che può derivare alla città con la partenze dei tre fraticelli attualmente presenti nel convento”.
In fase di dibattito Enrico Artioli (Margherita) ha dichiarato che l’eventualità della chiusura del convento francescano richiama l’esigenza di una “riflessione sul corretto rapporto coi beni materiali”, ricordando a tal proposito un’indagine di Forbes del 2005 secondo cui “superata una soglia minima, quantità anche ingenti di denaro non determinano una maggiore felicità”, sottolineando perciò l’essenza del messaggio francescano “alla trascendenza dell’uomo” in cui prevalga un servizio alla socialità nel volontariato e un’attenzione ai rapporti interpersonali. Artioli ha anche ricordato la riduzione della presenza in città di altri ordini, tra cui Salesiani, Domenicani e Gesuiti, proponendo infine di dedicare una lapide al “compianto francescano Padre Pietro Benassi quale omaggio ad una presenza preziosa per tutta la città”.
Achille Caropreso (Indipendente) ha invece ricordato che “c’è sempre un motivo contingente per cui un ordine deve lasciare la città, però la storia recente di Modena denota che altri ordini hanno lasciato la città, tra cui i Gesuiti per la necessità di trasferirsi in parte in Albania dove c’erano problemi di cristianizzazione in un contesto di ateismo costituzionalizzato”.
Baldo Flori (Modena a Colori) ha aggiunto che “il ridimensionamento è nelle cose, a volte dettato da motivi economici, a volte da una diversa zona che gli Ordini scelgono come terra di missione. Io non drammatizzerei la situazione, ci sono riconversioni in atto, forme nuove di spiritualità che si manifestano in forme di associazionismo organizzato. E’ giusto però preoccuparsi dell’abbandono dei Francescani vista anche l’attività di supplenza dell’attività civile dello Stato e dell’impoverimento sul piano dei valori. E’ positivo che il sindaco venga sollecitato dai cittadini ad occuparsi anche di questo problema. Però sarebbe preoccupante se significasse il collocarsi dell’autorità civile per un Ordine rispetto ad un altro. Quindi, se dobbiamo assumere una linea, facciamo in modo di mantenerla per tutti gli ordini”.
Per Sergio Celloni (Udc) “Modena ha smarrito la strada della carità. Io portai Padre Romano dal sindaco per parlargli della sua realtà. Le bollette sono da pagare, lasciamo stare il discorso della fede. I conventi fanno parte della città e vanno difesi”. E’ poi intervenuto Giuseppe Campana (Ds) a ricordare che “più di 200 anni fa anche in questi nostri luoghi ci si trovò ad affrontare una gigantesca opera di statalizzazione e incameramento di beni ecclesiastici in una situazione di crisi dei vari Ordini. Queste trasformazioni vennero fatte da sovrani cattolici e cristiani, in un ambito di dispotismo illuminato in Spagna e nei territori asburgici. Non fu una lotta tra cristianesimo e laicismo, ma un’operazione in cui Stato e Chiesa lavorarono per una soluzione prendendo atto di un trend evidente. Ricordo perciò che questa è la situazione in cui ci si trova di nuovo a vivere nei paesi che continuiamo a chiamare cristiani. Il venir meno della presenza francescana nel modenese – ha concluso - può spiacere, ma i cittadini modenesi e i credenti non devono fare di questo un alibi per una mancanza di impegno personale se si ritiene che l’impegno della carità deve essere mantenuta. E questo vale anche per i laici, senza pensare che debbano essere i cristiani a tirare la carretta”.
In fase di replica Antonio Maienza ha ringraziato Pighi per l’impegno preso.


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