20/07/2006

RASSEGNA DI FILM SUI "RAGAZZI SELVAGGI"

Festival filosofia sull'umanità propone pellicole di Truffaut, Gutiérrez Aragón, Kaboré, Ashby, Brook, De Heer e Herzog sui bambini cresciuti in luoghi selvaggi (e allattati da bestie selvatiche) o tenuti lungamente segregati.
Estate 1798. Nella foresta dell’Aveyron, in Francia, viene catturato un bambino lacero e sporco che sembra vivere allo stato brado. Condotto all’Istituto per sordomuti di Parigi, dove diviene quasi un’attrazione, il ragazzo trova una nuova sistemazione nella casa del dottor Itard, che gli dà un nome – Victor – e gli insegna a camminare, vestirsi, mangiare, riconoscere i suoni e le parole.
All’esperienza di quel singolare e controverso progetto educativo è dedicato “Ragazzo selvaggio”, il film di François Truffaut, datato 1969, che aprirà venerdì 15 settembre alle 22 una rassegna di film in programma al Palazzo Santa Chiara di Modena in occasione del sesto Festival filosofia sull’umanità, in programma dal 15 al 17 settembre a Modena, Carpi e Sassuolo (informazioni al numero 059 421210 e nel sito internet www.festivalfilosofia.it).
La rassegna, curata dall’Associazione circuito cinema, proporrà rare pellicole sul tema dei bambini cresciuti in luoghi selvaggi (e allattati e accuditi da bestie selvatiche) o tenuti a lungo in segregazione. Un’occasione per riflettere sul rapporto tra natura e cultura e sui fattori non ereditari che contribuiscono alla formazione del comportamento umano.
Sarà l’occasione per vedere o rivedere “Feroz” dello spagnolo Manuel Gutiérrez Aragón (1984), storia di un ragazzo strano che si nutre solo di frutti selvatici, fugge di casa, si perde nel bosco e viene salvato da uno psicologo mentre sta per essere sbranato dai cani. Oppure “Wend Kuuni” (“Il dono di Dio”) del senegalese Gaston Kaborè, una pellicola del 1982 che narra la storia del figlio di una vedova rimasto muto per un trauma subito alla morte della madre, accusata di stregoneria. Adottato da una nuova famiglia che riconosce in lui, appunto, “il dono di Dio”, il ragazzo recupererà la parola in seguito ad un nuova, violenta emozione.
La rassegna propone inoltre un celebre film di Hal Ashby intitolato “Oltre il giardino” (1979). All’età di cinquant’anni, ma con l’età mentale di un bambino, l'analfabeta Chance ha passato la vita facendo il giardiniere in una casa di Washington. Alla morte del padrone si ritrova nella casa della ricchissima Eve O'Brien, il cui marito morente è amico personale del Presidente degli Stati Uniti. Considerato un uomo riservato, ironico e di profonde intuizioni, Chance conversa con il Presidente facendo continui riferimenti al giardinaggio – unica cosa che conosce davvero – prontamente scambiati per acute metafore sulla conduzione dello Stato. Intervistato da stampa e Tv, Chance diventa una celebrità nazionale e viene candidato alla presidenza degli Stati Uniti.
Tre pellicole della rassegna affrontano il percorso inverso: dalla civiltà allo stato selvaggio. Nel “Signore delle mosche” di Peter Brook, film inglese del 1963 tratto dal romanzo del premio Nobel Golding William, si narrano le vicende di una ventina di ragazzini inglesi, sopravvissuti ad un disastro aereo, che tentano di organizzarsi la vita su un’isola deserta. Ben presto, però, il gruppo si divide in due bande rivali e quello che poteva essere un paradiso terrestre si trasforma in un inferno popolato di paure irrazionali e comportamenti selvaggi.
In “Bad Boy Bubby”, produzione italo-australiana di Rolf De Heer, premiata alla Mostra di Venezia del 1993, una matriarca tiene rinchiuso per 35 anni il figlio Bubby, il quale tuttavia riuscirà ad andarsene dalla famiglia e a diventare un cantante rock e un amoroso assistente di bimbi spastici.
“L’enigma di Kaspar Hauser” del tedesco Werner Herzog (1974) racconta, infine, la storia di un giovane inerme e incapace di parlare che, dopo anni di segregazione, viene abbandonato in una piazza di Norimberga. Dopo essere stato esibito come fenomeno da baraccone, Kaspar viene adottato da un medico e compie notevoli progressi, mostrando uno spirito sensibile e incline al fantasticare. Ma viene ucciso, forse, dallo stesso uomo che l'aveva liberato.

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