21/09/2006

PATTO PER LA SCUOLA, IL RESOCONTO DEL DIBATTITO CONSILIARE

Tutti gli interventi dei consiglieri comunali sul documento approvato nei giorni scorsi
“Il Patto per la scuola vuole porsi come strumento per realizzare la cittadinanza piena e dar corpo ai diritti dei cittadini in età evolutiva: questi sono al centro dell’attenzione della scuola che li educa e dell’ente locale che li rappresenta e ne tutela gli interessi. Per questo le Istituzioni Scolastiche Autonome programmano un’offerta formativa che riflette le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale e l’ente locale rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove lo sviluppo”. L’assessore all’Istruzione Adriana Querzè ha sottolineato con queste parole l’importanza del Patto per la scuola nel corso della presentazione in Consiglio comunale, ribadendo che i tre filoni principali su cui si concentreranno le azioni del Patto stesso sono quelle dell’integrazione, della sussidiarietà e della partecipazione. Prima del dibattito, è intervenuto il professor Aldo Zitano, dirigente scolastico della scuola media Lanfranco di Modena, che ha dichiarato di apprezzare la “modalità partecipativa” di Comune e Istituzioni scolastiche attraverso la quale si è arrivati alla stesura del documento, sottolineando poi che “il patto è vantaggioso per la scuola perché mette le singole scuole in grado di affrontare unitariamente i problemi comuni in uno spirito di solidarietà e sussidiarietà”. Zitano ha anche ricordato che “i contenuti del Patto richiedono un’applicazione intelligente, sollecitando se necessario l’Amministrazione comunale a verifiche costanti ed a risolvere quelle disfunzioni e quei ritardi che a volte possono nascere da un precario raccordo tra i vari Assessorati oppure dalla mancanza di protocolli precisi nella richiesta e nell’esecuzione degli interventi nelle Scuole. In tal senso – ha concluso - anche il restante mondo della scuola, i genitori in primo luogo, dovranno entrare nell’ottica e nella filosofia del Patto e nello stesso tempo esercitare un’azione accorta di vigilanza e monitoraggio dei risultati”.
Il dibattito si è quindi aperto con l’intervento di Achille Caropreso (Indipendente), che ha apprezzato i contenuti del patto in relazione al tema dei disagio, ribadendo poi – riguardo all’immigrazione – che “non sarà certo un’ora di arabo alla settimana che potrà porre in pericolo la civiltà italiana, anzi, il bimbo in grado di studiare la lingua d’origine crescerà culturalmente. Non sarà facile l’incontro tra varie culture se si proibisce o si inibisce. L’arabo è importante quasi come l’inglese. Possiamo farcela anche noi, come nel resto d’Europa, perché non siamo degli interdetti. Quanto ai nomadi – ha concluso - o li vogliamo eterni ladruncoli, o si deve dare loro possibilità di una crescita culturale”.
Anche Enrico Artioli (Margherita) ha dichiarato di apprezzare il metodo con cui si è giunti alla stesura del documento, sottolineando l’importanza del ruolo del Comune che “è promotore e costruttore di reti, del co-governo della cultura, della formazione ininterrotta in cui si entra nel percorso formativo e culturale. La città si china sui suoi piccoli e li affianca nel loro cammino”. Giudizio positivo, inoltre, anche sulla partecipazione dei genitori e sul ruolo dei docenti, oltre che sull’obiettivo generale “dell’offerta formativa territoriale, che si fa carico della persona nella sua globalità”. Artioli, infine, ha chiesto che vengano indicate delle modalità di valutazione del documento.
Baldo Flori (Modena a Colori), sottolineando la positività nel “far emergere nuove tematiche come il multiculturalismo”, ha sollevato dubbi sulle modalità di integrazione per nomadi e disabili: “Non mi sono chiare alcune sottolineature all’integrazione – ha spiegato - Ad esempio leggo che per i nomadi ci vuole un’integrazione piena e per i disabili un’integrazione di qualità. Se integrazione dev’essere, dev’essere ad ampio ventaglio”. Secondo Flori “il documento, che ha aspirazioni da Magna Charta”, è invece “debole sul respiro che gli si vuol dare”. Il consigliere, inoltre, ha espresso perplessità sul ruolo assegnato ai dirigenti scolastici di “motivare i docenti per costruire percorsi di aggiornamento” e ha ribadito che il Patto “è un documento barocco perché contiene troppi richiami a principi già noti della Costituzione, mentre altri sono rimasti in ombra”. Flori ha poi definito “ambiguo” sia il riferimento al sistema integrato di istruzione pubblica, poiché “trovo che questi interventi sono prevalentemente rivolti alle scuole di Stato”, sia il tema delle risorse. Dubbi, infine, anche sui temi del disagio giovanile e dei disabili.
Per Giorgio Prampolini (Ds) “è necessario inquadrare la discussione sul Patto tenendo conto dell’evoluzione dell’ultimo anno e mezzo, dalla discussione del piano decennale dell’edilizia scolastica, al patto Fism. Il patto di oggi si completerà con il programma per l’inserimento dei ragazzi disabili previsto a breve nel quadro degli accordi provinciali. E’ un intervento, quindi, che non riguarda solo la pubblica istruzione, ma anche i Piani di zona e i Piani per la salute infanzia e adolescenza, un intervento che non è unico, ma sta dentro una logica più grande”. Secondo il consigliere di Ds, inoltre, si tratta di “fatti concreti che realizzano una politica della giunta e della maggioranza. Parte da una rilevazione che riguarda anche altri piani, cioè da un’assunzione di responsabilità che riguarda i diritti dei bambini come titolari di diritti e di conseguenza di una riposta pubblica di tutela, ascolto e progressiva rimozione di ostacoli sociali e culturali fino ad arrivare a questioni urbanistiche previste nel piano della mobilità”. Per Prampolini “se la città si fa carico dei bambini, il Comune di Modena è il motore, ma vanno resi protagonisti anche altri attori che possono dare un contributo, lavorando sui fronti dell’inserimento scolastico dei disabili, sui giovani che vengono dall’estero e sulla formazione degli insegnanti, che è cresciuta”.
Antonio Maienza (Udeur) ha dichiarato di apprezzare l’impianto complessivo del Patto: “apprezzo in particolare il sostegno all’integrazione scolastica degli alunni stranieri, particolarmente importante vista l’imminenza delle leggi che stanno per essere approvata sui ricongiungimenti familiari. La valorizzazione della diversità e le nuove forme di convivenza civile – ha continuato - sono i valori nuovi che devono animare la didattica moderna e futura e il Comune deve partecipare e fare la propria parte”. Indispensabile – secondo Maienza – “la figura dei genitori, la cui partecipazione non è sottolineata abbastanza nel documento”.
Ivo Esposito (Forza Italia) ha dichiarato di condividere l’importanza del documento, sul quale ha però rilevato alcune criticità: “Sollevo il tema della presenza degli accompagnatori negli scuolabus – ha detto – Sarebbe auspicabile che ci fossero in tutti gli scuolabus a tutela dell’incolumità fisica e con la garanzia della riconsegna degli alunni. Sarebbe poi opportuno lavorare per l’inserimento anche degli anziani nella scuola”. Esposito, inoltre, ha chiesto “chi forma i mediatori culturali? Chi forma colui che fa da interfaccia tra il nostro e altri modi di concepire la società? E’ fondamentale capire il discrimine tra l’integrazione e la tutela della società di origine e fino a che punto questo contrasti con il nostro modo di vivere la società”.
Anche Michele Barcaiuolo (Alleanza Nazionale) ha dichiarato di condividere “impianto e finalità” del Patto, chiedendo però di “evitare di escludere la democrazia diretta a chi non può partecipare. Per questo motivo la riforma degli organi collegiali è cruciale”. Il consigliere di An ha dato giudizio positivo per la parte relativa al diritto allo studio, condividendo però “le critiche per l’assistenza ai disabili. E’ problema annoso quello delle barriere – ha sottolineato - che però è stato migliorato. Non ci convince, inoltre l’articolo 14 sull’integrazione degli studenti stranieri che, in poche righe, suona come un campanello d’allarme, perché si parla di integrazione, ma non si può non mettere sulla bilancia anche la parola identità, che manca in quell’articolo. E’ quindi una lacuna grave. Non condivido anche il secondo comma dello stesso articolo, cioè sui corsi sulla lingua d’origine dei paesi provenienti. Le stesse risorse potrebbero essere utilizzate per aumentare lo studio della lingua e della storia italiana. E’ giusto che chi vuole mantenere identità d‘origine lo faccia in altre sedi, non nella scuola pubblica”. Barcaiuolo, annunciando il voto di astensione, ha anche dichiarato di condividere le critiche relative alla figura dei mediatori culturali”.
Secondo Bueno Kinderlan Liubertsi, presidente della Consulta comunale dei cittadini stranieri e apolidi, “sembra che ognuno di noi abbia un’idea diversa di integrazione, ma il significato è solo uno. Integrazione vuol dire mettere insieme, non escludere. Si parla di integrare i ragazzi alunni nelle scuole di provenienza diversa nella scuola italiana. E’ positivo, ma dobbiamo mettere insieme anche diversi tipi di cultura, preparando per il futuro individui che servono meglio alla nostra società, dal punto di vista linguistico, culturale ed economico. Escludere la possibilità di imparare la cultura d’origine non centra con l’integrazione. Se guardiamo la Costituzione europea – ha continuato - tutti gli individui del mondo hanno diritto di essere educati e anche di essere liberi nell’imparare lingue, religioni e quant’altro. Se qualcuno mi vuole spiegare cosa intende per integrazione, ne possiamo parlare”.
Davide Torrini (Udc) ha evidenziato “due profili distinti, uno istituzionale e uno politico. E’ evidente il profilo istituzionale di interazione del Comune di Modena con altre scuole, è un profilo istituzionale forte e significativo e su questo punto, pur nei distinguo, abbiamo dato anche in passato il nostro appoggio con una forte apertura di credito. Il motivo di fondo è la finalità originale del patto, che viene anche prima delle finalità specifiche contenute”. Torrini ha quindi citato passi della relazione letta in occasioni precedenti dal professor Guarro, sottolineando che “la nostra condivisione sta nel fatto che si richiede l’impegno da parte di tutti i soggetti per garantire un diritto affermato e tutelato dalla Costituzione”.
Sul fronte politico, Torrini ha sottolineato la presenza di “un concetto di autonomia scolastica maturo, non è isolamento, ma un confronto schietto, una collaborazione, che ci può essere. Secondo me, però, a ciascuno devono rimanere le proprie prerogative, senza rimpallarsi competenze e responsabilità. L’ambizione del patto è fare da cornice ad una serie di interventi operativi. Anche su questo è interessante quando disse quattro anni fa Guarro, che ribadì che i contenuti erano radicati nel contenuto del documento e costituiscono elementi concreti per il futuro. Si è ben radicati sulle finalità e si interviene nel bisogno – ha evidenziato il consigliere dell’Udc - quindi il percorso di condivisione con scuole, genitori e insegnanti ha portato a un risultato ancora migliore di quello di quattro anni fa. Il patto – ha concluso - non può essere esteso alla scuola paritaria, ma sarebbe importante che ci fosse un passo più deciso per formalizzare ciò che il precedente assessore aveva già fatto, così che questa preoccupazione formativa possa riguardare tutti”.
Mauro Manfredini (Lega Nord) ha presentato una proposta di emendamento, respinta in fase di voto, con cui chiedeva che all’articolo 14, dopo le parole “attività didattiche”, venissero inserite le parole “finalizzati al mantenimento di tutte le lingue e di tutte le culture d’origine”, sostituendo quindi la frase originaria che recitava “finalizzati al mantenimento della lingua e della cultura d’origine”, sottolineando l’esigenza sulla base di “un sospetto dell’utilizzo delle risorse”.
In fase di replica Adriana Querzè ha spiegato a Flori che “la differenza tra l’integrazione dei nomadi e dei disabili non è un caso. La scolarizzazione piena dei nomadi è ancora un obiettivo, non la possiamo dare per assodata. Sui disabili, invece, è diverso, vanno tutti a scuola e quindi la preoccupazione principale è la qualità dell’integrazione”. L’assessore ha poi sottolineato che l’articolo 14, che tratta il tema dell’integrazione, “non poteva essere diverso perché non è la visione dell’integrazione del comune di Modena, ma della scuola italiana. I dirigenti scolastici non avrebbero potuto sottoscrivere altro da quello che abbiamo scritto. E’ la scelta interculturale che la scuola ha fatto in tema di integrazione”. Quanto alle risorse, Adriana Querzè ha ricordato che la cifra complessiva è di 11 milioni di euro: “A breve – ha aggiunto - in Consiglio discuteremo l’accordo sull’integrazione dei disabili, con 7 miliardi l’anno delle vecchie lire. In pochi anni il periodo di permanenza dei disabili si è raddoppiato, moltissimi frequentano il nido e tutti arrivano almeno alle superiori”. Sul fatto che Flori “pensi che non si lavori abbastanza sul fronte del disagio, ricordo che c’è un progetto che mette in rete tutte le scuole medie della città proprio su questo tema e lo abbiamo sempre sostenuto. La Fondazione Cassa di Risparmio ha erogato 300mila euro sul progetto, a cui si aggiungono un nostro contributo e quello della Regione”. L’assessore ha quindi concordato sulla necessità di introdurre strumenti di verifica, aggiungendo poi che “il tema dell’estensione del Patto alle scuole paritarie è delicato. Trattandosi di scuole dell’infanzia che non sono obbligatorie, questo patto non può essere sottoscritto. Senza ipotizzare trasferimenti di risorse, il Comune non si sottrae comunque al proprio compito di coordinamento e si può ragionare a partire dal fatto che le paritarie si sono esposte attraverso la Consulta dichiarando di aver apprezzato il Patto e di essersi identificate negli obiettivi di fondo”
Le dichiarazioni di voto si sono aperte con l’intervento di Mauro Tesauro (Verdi), secondo cui “si rinnova uno strumento basilare a supporto del sistema scolastico integrato del nostro territorio, una cornice di riferimento e un contenitore che non sono solo atti dovuti, ma testimonia l’attenzione di una scuola pubblica che rimane centrale”.
Achille Caropreso (Indipendente) ha annunciato voto a favore ricordando che “A Milano si sta facendo l’insegnamento fuori dall’orario scolastico e anche un’altra esperienza di insegnamento islamico in via sperimentale. Se si insegnasse il russo non interesserebbe nessuno – ha sottolineato - ma trattandosi dell’Islam, meglio allora la scuola pubblica, perché l’alternativa è una scuola coranica”.

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