17/04/2007

LINGUA ITALIANA NEI DOCUMENTI, IL DIBATTITO IN CONSIGLIO

Respinto l'Ordine del giorno presentato da Barcaiuolo di Alleanza Nazionale.
Il Consiglio comunale di Modena ha respinto dopo un ricco dibattito un Ordine del giorno presentato da Michele Barcaiuolo e Andrea Galli di Alleanza Nazionale, che chiedeva al Sindaco e alla Giunta l’impegno “a utilizzare nei documenti dell’Amministrazione comunale termini in lingua italiana ovunque possibile e a utilizzare nomi italiani per le iniziative e le campagne promosse dal Comune di Modena”.
“Perché – ha detto Michele Barcaiuolo nel presentare la sua istanza – bisogna sempre utilizzare termini come coffee break, governance o welfare? La lingua italiana è universalmente riconosciuta come una delle più ricche e belle del mondo e quella di utilizzare parole di origine anglosassone o termini inglesizzati nel linguaggio amministrativo, nella denominazione di uffici e soprattutto di iniziative è una discutibile moda. Non si comprende la ragione per la quale il Comune di Modena non utilizzi termini italiani o magari latini in tutte le occasioni possibili. Il vero atteggiamento provinciale – ha concluso Barcaiuolo - non è la valorizzazione e la tutela della propria lingua, ma l’inutile scimmiottamento di lingue dominanti”.
“Quando si parla di discutibile moda, è vero soltanto per metà – ha affermato Giuseppe Campana dei Ds. - Per un’altra metà si tratta di prendere atto che alcuni termini inglesi sono ormai in uso e appartengono al globish, lingua franca internazionale, una sorta di koinè come era il greco nel bacino del mediterraneo, o il latino nel medioevo. La lingua va difesa con altre iniziative, con le politiche culturali. Io ad esempio pago da anni la tessera del club dei difensori del congiuntivo”. “Questa non è una proposta banalmente autarchica – ha sostenuto Dante Mazzi di Forza Italia: - da parte delle amministrazioni c’è una sorta di obbligo a usare la lingua italiana laddove è possibile. A proposito di una recente iniziativa, ma che bisogno c’è di chiamarla Family card?”. “Certe espressioni sono oramai entrate nell’uso comune – ha replicato Enrico Artioli della Margherita, - dal family day all’election day. Diciamo sì alla promozione culturale e no al nazionalismo. Tanto più che quello che l’università richiede agli studenti non sono le competenze tecniche, ma quelle di italiano e di lingue straniere”. “Intervengo per passione – ha detto l’assessore alla Cultura Mario Lugli – e ribadisco che il mio parere non è favorevole, perché ci sono situazioni rispetto alle quali uso e costume hanno la prevalenza sulle teorie astratte. Nella prima guerra mondiale i soldati italiani al fronte non avevano una lingua comune con la quale capirsi. La comunità dei parlanti italiano è relativamente recente e il suo grande motore, dicono gli studi, è stata la tv. Last but not least – ha concluso l’assessore - l’italiano costituisce un elemento decisivo nello sviluppo della nostra cultura”. “Stiamo vivendo in un mondo globale, con un a lingua forte che è l’inglese, e da questo non possiamo prescindere – ha aggiunto Ubaldo Fraulini dei Ds: - scomodare il latino sarebbe proprio una forzatura”. “Bisogna distinguere tra la lingua italiana come fatto culturale e la lingua utilizzata nel commercio e nell’imprenditoria – ha affermato Achille Caropreso del Gruppo indipendente. – Per promuovere l’italiano c’è già l’opera meritoria degli Istituti italiani di cultura all’estero, di università come quelle di Perugia e di Firenze. In Ungheria si tiene da anni il concorso di lingua italiana Certamen capitolinum. Ma ben altro aspetto è quello imprenditoriale, e oramai tutte le aziende impongono l’uso dell’inglese ai giovani di carriera che assumono. L’ordine del giorno è per alcuni versi meritorio, ma fatico a condividere l’invito a usare il latino: chi non capisce l’inglese difficilmente comprenderà il latino”. “Voterò questo ordine del giorno non per nazionalismo nostalgico, ma come padano – ha spiegato Mauro Manfredini della Lega Nord: - c’è questa abitudine all’uso dell’inglese perché è una lingua sintetica , ma non dobbiamo mettere in second’ordine l’italiano. Io piuttosto preferisco usare, quando intervengo, qualche parola in dialetto, perché mi piace più dell’inglese”. “Voterò a favore dell’ordine del giorno, mi sembra ovvio che in Italia si parli italiano – ha detto Sergio Celloni dell’Udc. - Oggi sempre più spesso si usano forme inglesi o acronimi come Dico o Pacs per sintetizzare, ma se vogliamo mandare avanti un discorso di cultura dobbiamo evitare qualsiasi forma che emargini la nostra tradizione, evitare le forme esterofile, e gli altri lo devono accettare”. “La lingua è un organo vivente, l’inglese ad esempio è un living language, che ha subito tante influenze anche dal latino – ha detto il vice presidente della Consulta stranieri Reginald Ihebom. – Bisogna prestare attenzione all’aspetto di ultranazionalismo che si cela dietro la tutela della lingua”. “Voteremo contro – ha affermato Rosa Maria Fino della Società civile – perché in una città multietnica e cosmopolita non ha senso un discorso sulla preminenza della lingua italiana nel linguaggio amministrativo, mi sembra un volersi chiudere in un guscio molto provinciale. Sono d’accordo che la lingua italiana è bellissima, ma mi chiedo se il consigliere Barcaiuolo quando canta una canzone pop se la traduce in italiano. Nelle prime iniziative a cui ho partecipato sulle pari opportunità ero preoccupata per l’uso di termini anglosassoni, poi ho capito che erano giusti per gestire alcuni concetti, che in italiano non avrebbero la stessa resa”. “L’andamento della discussione mi impone di intervenire – ha esordito Paolo Ballestrazzi di Modena a colori: - pensare che la questione dei patti civili sia una questione di acronimi è un po’ riduttivo, mi pare che ci sia un problema di comunicazione. Io mi asterrò perché in latino prendevo sempre quattro e non posso a sessant’anni votare un’istanza che mi imponga di ristudiarlo. Chiedo formalmente che l’amministrazione si rapporti con una benemerita istituzione come l’associazione Dante Alighieri, che sostiene lo sviluppo della nostra cultura nel mondo”. “È chiaro che il nostro ordine del giorno non punta a raccogliere i voti dell’Accademia della crusca – ha spiegato Andrea Galli di An: - cercava solo di dare un segnale. Io al ginnasio sono stato rimandato in latino, e non pretendo che lo si utilizzi. Ho ascoltato con attenzione l’intervento del collega della Consulta stranieri, e il suo sforzo di imparare la lingua del paese che lo ospita vale moltissimo. Votare contro questo ordine del giorno, però, vuol dire riconoscere che tutto è un magma indistinto, che l’italianità propagandata per i nostri prodotti è solo una facciata. Non si può certo pensare di tradurre cocktail con coda di gallo, ma dire che in Italia si parla italiano sarebbe un segnale importante in un’epoca come la nostra, un problema che certo era molto meno sentito dai padri costituenti nel 1946”. “Ero indeciso, ma dopo l’intervento di Galli mi sono convinto a votare contro – ha replicato Alberto Caldana della Margherita: - l’importanza del tema si poteva sostenere in tanti modi, ma si è voluto giocare tutto sul tema lingua italiana versus immigrazione, puntando a utilizzare la lingua come una sorta di linea di confine”. “Anche io sarei d’accordo se si trattasse di porre un freno all’uso di termini non così immediati, come devolution – ha aggiunto Isabella Massamba, - ma nel momento in cui capisco che si vuole soltanto ribadire che gli stranieri devono imparare l’italiano, allora non è questa la mia idea”. “Voterò a favore perché recuperare l’uso dell’italiano è importante – ha spiegato Davide Torrini dell’Udc: - o tutti parliamo tutte le lingue, oppure anche chi è straniero ha interesse che l’italiano sia l’italiano. Questo è un ordine del giorno valido che verrà bocciato solo perché lo ha proposto An”. “Non ho visto in questa istanza una volontà xenofoba – ha detto Ivo Esposito di Forza Italia: - la lingua è un modo di esprimersi, il nostro paese è fatto di naviganti e filosofi, e nella lingua c’è il nostro modo di concepire la vita, la nostra storia, la nostra identità. Gli artisti italiani sono dei big nel mondo anche perché hanno imparato a ragionare in italiano. L’inglese è più facile ma meno fantasioso, e difendere la lingua vuol dire difendere la nostra fantasia. Non sono contro la globalizzazione, ma sono contro la massificazione: è chiaro che sono costretto a usare terminologie tecniche inglesi se programmo un computer, ma per i sentimenti uso l’italiano”. L’ordine del giorno è stato respinto, e nel presentare la mozione successiva il consigliere Michele Barcaiuolo ha ironicamente esordito ringraziando Ennio Cottafavi con un “Thank you, mr president”.

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