26/07/2008

COMPLETATE LE PROVE PER IL RESTAURO DELLA GHIRLANDINA

Nelle scorse settimane sono stati eseguiti numerosi test sperimentali sul materiale lapideo della torre. A metà agosto il bando per l'appalto dei lavori di restauro
Nelle scorse settimane è stato completato un primo, deciso intervento per il restauro della Ghirlandina e cioè la serie di prove per verificare la qualità e le condizioni del pietre che costituiscono il rivestimento della torre. Sono stati testati anche i metodi da applicare e le sostanze da utilizzare per ottenere i risultato migliore possibile che, secondo le indicazioni fornite dal Comitato Scientifico che sovrintende ai restauri, deve contemplare anche la minima invasività combinata alla massima reversibilità.
Il degrado della pietra appare alquanto vario e differenziato in base alla tipologia di materiale e alla sua esposizione. Si prevede, quindi, di agire solo dove necessario per problematiche di conservazione delle pietre o per rischi di caduta di frammenti, senza cancellare completamente gli interventi del passato. Per tener conto delle esigenze ambientali, nelle lavorazioni verranno impiegati prevalentemente prodotti all’acqua e, qualora non fosse possibile, si dovranno utilizzare sostanze con minima tossicità.
Completate le indagini, è ora possibile procedere all’appalto dei lavori. Il bando sarà pubblicato indicativamente nella prima metà del mese di agosto e si prevede che l’attività di cantiere possa prendere avvio all’inizio del mese di ottobre.
I risultati delle prove effettuate, arricchiscono le conoscenze già acquisite con i lavori eseguiti per la Cattedrale. Anche questo progetto di restauro, finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio, si inserisce infatti nel più ampio programma di tutela del sito Unesco, secondo quanto previsto dal nuovo Piano di Gestione che vede la costante collaborazione degli Enti coinvolti, con la supervisione e l’intervento diretto della Soprintendenza ai Beni Architettonici e per il paesaggio per province di Bologna, Modena e Reggio Emilia.


Scheda tecnica:
Nei mesi scorsi sono state eseguite numerose analisi petrografiche e mineralogiche, chimiche, fisiche e biologiche sul materiale lapideo di cui è costituita la torre.
Si è così verificato che le patine giallastre, individuate al di sopra dei diversi tipi di pietra campionata, sono costituite essenzialmente da ossalati di calcio, residui di proteina di capra, di caseina di vacca, colla di bue e colla di coniglio.
Le Croste nere, che coprono oltre un terzo della superficie della torre, sono essenzialmente gessose, con abbondante particellato atmosferico di natura carboniosa, di natura silicatica e di natura biologica (pollini).
Le resine sintetiche, che sono state poste in opera durante l’ultimo intervento di manutenzione, eseguito tra il 1970 e il 1973, sono state riconosciute prevalentemente di tipo epossidico.
La caratterizzazione e la mappatura delle rocce, eseguite dal Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di MO e RE, sono state verificate ed è stata aggiornata e dettagliata la cartografia che identifica il degrado, suddiviso in tre livelli di intensità.
L’indagine in sito ha permesso di individuare la presenza di 12 tipi di pietre, distinte in numerose varietà, in particolare per quanto riguarda la pietra di Vicenza.
Su di una superficie totale della torre di oltre 2800 m2 (senza considerare le parti a rilievo) sono stati stimati circa 1.300 m2 di disgregazione nodulare o granulare, 200 m2 soggetti ad esfoliazione ed una superficie di croste nere di quasi 1.000 m2 .
Sono quindi state eseguite prove sperimentali, testando diversi prodotti per individuare quali hanno le caratteristiche che meglio rispondono alle esigenze del restauro della torre.
Le prove sono state eseguite sia in sito che su campioni in laboratorio, con risultati analoghi, anche se sul posto le differenze tra i diversi prodotti testati si sono maggiormente evidenziate: sono stati testati 4 prodotti biocidi, 5 prodotti per il consolidamento dei lapidei, 2 tipi di stuccature, 2 metodi di pulitura delle croste nere, 1 metodo di rimozione delle resine, oltre alla prova di smontaggio di un tratto di balconata, per verificarne le modalità di aggancio.
Il restauro prevede un intervento graduato a seconda del livello di degrado. In quest’ottica la resina non sarà completamente rimossa, ma solo nelle stuccature che comportano problematiche di conservazione delle pietre o rischi di caduta di frammenti.
Il comportamento delle resine epossidiche, dopo 35 anni dalla loro posa in opera, è infatti molto differente a seconda delle pietre su cui sono state applicate. In alcuni casi il materiale ha provocato distacchi della pietra, nelle stuccature più sottili si è polverizzato, ma in molte parti è ancora in buone condizioni e non è necessario asportarla. La rimozione meccanica danneggia la pietra, ma è stata testata una miscela di solventi a bassa tossicità che consente di ammorbidire la resina e rimuoverla a strati successivi. Si tratta di operazioni abbastanza lunghe, ma che consentono un intervento molto selettivo e controllabile.

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