29/11/2010

"WELFARE, SERVE UN NUOVO PATTO CON I CITTADINI"

Gli assessori alle Politiche sociali Francesca Maletti e all'Istruzione Adriana Querzè sono intervenute al convegno che si è svolto al San Carlo per gli stati generali

“Un nuovo patto con i cittadini per definire diritti e servizi” e “un maggiore contributo dallo Stato, che per esempio dovrebbe inserire i nidi d’infanzia nel sistema della pubblica istruzione”. Sono questi, secondo gli assessori alle Politiche sociali, Francesca Maletti, e all’Istruzione, Adriana Querzè, due punti da cui partire per uscire dall’emergenza e guardare al futuro nel riprogettare il sistema di servizi all’infanzia, agli anziani e ai disabili in ambito locale. Le conclusioni sono emerse al termine di due sessioni tematiche del convegno “Il welfare locale ai tempi della crisi” che si è svolto al teatro San Carlo nell’ambito degli stati generali della città, “Effetto Modena”.
Alla prima sessione, presieduta dalla responsabile del servizio Programmazione e sviluppo del sistema dei servizi sociali della Regione Emilia-Romagna Maura Forni, hanno partecipato Massimo Terenziani, dirigente del servizio Diritto allo studio del Comune di Modena, e Laura Rossi, dirigente del servizio Nidi e scuole d'infanzia del Comune di Ravenna.
A Ravenna, i servizi all’infanzia sono gestiti dall’“Istituzione istruzione e infanzia”: “Nei nidi – ha spiegato Laura Rossi – la morosità è più bassa se il sistema è più equo e grazie a un aumento della retta per le famiglie più abbienti siamo riusciti a far pagare di meno tutte le altre”. Rossi ha presentato inoltre l’esperienza di nido interaziendale “L’Hera dei bimbi”, dove 5 posti sono riservati ai dipendenti della multiutility e altre 5 aziende hanno un posto ciascuna, “una partecipazione simbolica ma estremamente importante”.
Massimo Terenziani ha presentato alcuni dati sui nidi modenesi, che con 1831 posti tra gestione diretta e indiretta consentono di soddisfare in settembre il 67% della domanda e in febbraio, dopo le rinunce e le sostituzioni, il 92,5%. “La crescita - ha spiegato Terenziani - è stata possibile grazie all’apertura di 5 nidi aziendali, all’accordo con la Fism, ai voucher e alla realizzazione di servizi affidati poi in gestione convenzionata”.
L’assessore all’Istruzione Adriana Querzè ha rivendicato una visione di “welfare universalistico: né residuale per i poveri né esageratamente costoso e alla portata solo dei ricchi. I tagli ci sono, e rivendicare dal governo quanto ci serve è doveroso, ma lo Stato - ha chiarito - era latitante anche quando i servizi sono stati creati, e le risorse erano molto meno di quante siano oggi, nonostante la crisi. Nella presunta età dell’oro dell'avvio dei servizi all'infanzia di Modena, un bimbo su 100 andava al nido e uno su 2 alla scuola dell’infanzia. Per il welfare della prima infanzia – ha ribadito Querzè - è decisivo che i nidi entrino nel sistema nazionale di istruzione. In Italia, alla scuola d’infanzia c’è posto per il 95% dei nati, al nido per il 10%”. L’assessore ha inoltre sottolineato i vantaggi del welfare mix: “Non è solo fatto per ragioni economiche: cooperative, imprese e privati sono realmente partner e portatori di interessi nella gestione di un sistema complesso. Ci consentono anche di spendere meno, sarebbe ipocrita fingere il contrario. Ma è anche un approccio culturale, una ricchezza, una sussidiarietà vera”.
La seconda sessione, "Confronto tra le politiche per la non autosufficienza di Modena, Crema e Padova", è stata presieduta dall'esperto di Politiche sociali e sanitarie Lucio Belloi, con gli interventi di Patrizia Guerra, dirigente responsabile del settore Politiche sociali, sanitarie e abitative del Comune di Modena, Katja Avanzino, direttore del Consorzio Casalasco servizi sociali (provincia di Cremona), Lorenzo Panizzolo, dirigente responsabile del settore Servizi sociali del Comune di Padova.
Dall’importanza delle attività promozionali per la popolazione anziana ha preso il via l’intervento di Patrizia Guerra: “Farsi carico della non autosufficienza significa occuparsi dei bisogni ma anche prevenire i rischi con attività motorie, orti, conferenze, giardino della memoria, spazi di socializzazione. Nel caso del Comune di Modena – ha detto – la maggior parte dei servizi sono già esternalizzati e quello che gestiamo direttamente è l’accesso, per garantire l’equità. Con 3 mila 500 utenti spendiamo circa 38 milioni di euro e di questi, circa 30 milioni, vanno in servizi che il Comune non fornisce direttamente”.
Katja Avanzini ha presentato la realtà del suo territorio e le caratteristiche del modello lombardo: “Si tratta di un distretto che comprende 20 Comuni, nella zona sud della provincia di Cremona, in un contesto rurale con forte immigrazione (12%) e con quasi un quarto della popolazione (oltre 23%) ultrasessantacinquenne. È un territorio di confine tra 4 province: Mantova, Cremona, Reggio e Parma. Il modello di welfare della Lombardia – ha chiarito – si basa sulla libertà di scelta e centralità della famiglia, sull’equiparazione tra pubblico e privato e sulla creazione del ‘quasi mercato’. Si finanzia la domanda, cioè la famiglia, più che l’offerta di servizi”.
Nella città di Padova, che ha una popolazione di 215 mila abitanti, di cui 52 mila over 65, con 60 mila universitari, l’obiettivo dei servizi è cercare di mantenere gli anziani a casa il più a lungo possibile. A Padova, come ha spiegato Lorenzo Panizzolo, “nessun servizio è a gestione diretta ma tutti sono assegnati con gare d’appalto su progetti”.
L’assessore Francesca Maletti ha ricordato che “nella nostra realtà c’è un’alta presenza femminile nel mercato del lavoro, proprio grazie ai tanti servizi che hanno consentito alle donne di lavorare fuori casa. Il nostro sistema – ha detto - è basato sul welfare mix e su una forte azione di controllo dei servizi appaltati e convenzionati. Sono stati fatti molti passi in avanti e tra i cittadini non ci sono disuguaglianze in questo senso. Dobbiamo inoltre affrontare e perseguire dei percorsi alternativi: per esempio, cercando di aiutare le famiglie a tenere gli anziani e i disabili in casa anziché inviarli nelle strutture. Serve – ha concluso Maletti - un nuovo punto di equilibrio tra i diritti acquisiti e la risposta ai nuovi bisogni. Dobbiamo trovare un nuovo patto con i cittadini per uscire dall’emergenza e guardare al futuro”.


 

Azioni sul documento