12/12/2013

“STRADE” AL MUSEO /4 – IN PATAGONIA, LA TROCHITA DI JACOBACCI

Tante le storie emerse con il progetto partecipato. Tra queste una strada ferrata realizzata da un ingegnere modenese che ha dato il nome alla città capolinea “alla fine del mondo”

I visitatori della mostra “Strade”, aperta fino all’8 giugno 2014 alla Sala Boni di Palazzo dei Musei di Modena (largo di Porta Sant’Agostino), saranno accolti da un richiamo alle celeberrime “impronte di Laetoli”, le più antiche orme di primati bipedi della storia, che in questo contesto evocano l’inizio di un cammino che non si è mai interrotto.

Ma sono davvero tante le curiosità, le storie e le scoperte emerse durante il percorso partecipato che ha portato alla mostra, per la quale è stato scelto come simbolo una palla di elastici colorati che, fotografata lungo le strade della città o affiancata ai partecipanti del progetto ha segnato sulla pagina Facebook del Museo il conto alla rovescia verso l’inaugurazione.

Fra le strade “raccontate” dai migranti, una ha acquisito un valore speciale per Modena. Si tratta della “Trochita”, una strada ferrata quasi alla fine del mondo progettata da un migrante modenese: Guido Amadeo Jacobacci. Nei volumi che raccolgono le storie di migranti modenesi non era mai comparsa quella di Jacobacci: una vera sorpresa anche per gli autori di ricerche in questo ambito.

“Ingeniero Jacobacci” è il nome della località capolinea della Trochita e porta il nome dell’ingegnere che emigrò in Argentina, dove progettò la costruzione di linee ferroviarie per l’impresa del suocero, originario di Siena. Le spoglie di Jacobacci, precedentemente conservate nel cimitero de La Recoleta a Buenos Aires, nel settembre 2004, su richiesta della comunità jacobaccina, sono state trasferite nella località che ha preso il suo nome con l’autorizzazione della bisnipote Claudia Sueiro Jacobacci.

Un’altra strada ferrata mitica consente ai visitatori di “Strade” un’esperienza sensoriale davvero particolare: la Transiberiana, lunga quasi 10 mila chilometri, la più lunga linea ferroviaria del mondo. Una installazione video all’interno della mostra invita a sperimentare, osservando il paesaggio dal finestrino del treno accompagnati dal rumore delle rotaie, un viaggio virtuale che in partenza dalla stazione di Mosca attraversa 12 regioni e oltre 80 città,.

Desterà certamente curiosità nei visitatori, inoltre, la sezione della mostra intitolata “Le nostre strade”, attenta a come nelle strade si sedimenti la memoria pubblica ma anche quella privata degli individui, con i nomi delle strade che ne comunicano i significati. Nomi che non appartengono solo alla toponomastica ufficiale ma anche e soprattutto a quella “alternativa” che modenesi e cittadini stranieri attribuiscono al alcuni luoghi della città.

Accanto ai nomi che i modenesi nel tempo, in anni più o meno lontani, hanno attribuito a luoghi particolari della città (il gallo, la bruciata. l’angolo dei cretini), esiste, infatti, anche una toponomastica multietnica costituita dai nomi con i quali intere comunità “mappano” la città: dalla piazza della cacca al largo dei nudi fino alla misteriosa “Coop di Kelle”. Di tutti questi luoghi la mostra svela le coordinate e l’origine del nome.

Infine, una sezione sarà dedicata ad un viaggiatore modenese entrato nel Guinness dei primati per il numero di paesi visitati, Giò Barbieri, viaggiatore per vocazione, instancabile esploratore del pianeta che scrive per le guide turistiche e riviste di viaggi. Una postazione video riproporrà alcune delle fotografie realizzate durante il mitico viaggio Modena – Bali – Modena compiuto in Fiat 500 nel 1969, presenti nell’omonimo libro-diario di viaggio che la casa editrice Elis Colombini ha appena rieditato e che sarà in vendita presso il museo durante l’inaugurazione.

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