09/02/2016

“HIKIKOMORI” / 3 - IN MOSTRA FILM E FOTO DI FRANCESCO JODICE

Il disagio di una generazione di giovani giapponesi raccontato dalle immagini dell’artista L’esposizione inaugura sabato 13 febbraio alle 18 a Palazzo Santa Margherita

In occasione della messa in scena dello spettacolo “Hikikomori. Metamorfosi di una generazione, in silenzio”, ospitato nella sala grande di Palazzo Santa Margherita dal 12 al 19 febbraio in collaborazione con Ert, la Galleria civica di Modena presenta il progetto di Francesco Jodice “Hikikomori”, costituito da un film e da una serie di fotografie in mostra dal 13 al 21 febbraio.

In occasione dell'inaugurazione della mostra, sabato 13 febbraio alle 18 l'artista Francesco Jodice presenterà il film e incontrerà il pubblico per un approfondimento sul tema insieme all'antropologa e sociologa Vincenza Pellegrino (Università degli Studi di Parma) e al regista dello spettacolo Vincenzo Picone.

Il film, girato a Tokyo nel novembre del 2004, esplora alcuni sintomi del disagio e della mancanza di comunicazione che colpiscono i giovani giapponesi, assumendo diverse forme: dall'appartenenza a gruppi chiusi (skaters, harajuku-kids), alla scelta di una vita passiva e priva di azione (Otaku; Hikikomori) fino all'annullamento (come nel caso del “suicide pact”). Hikikomori, tema centrale del film, consiste in una reclusione volontaria e in un totale isolamento sociale. Gli Hikikomori sono generalmente adolescenti e giovani-adulti, soprattutto maschi, spesso istruiti, che scelgono di non uscire più dalla propria casa o addirittura dalla propria stanza per mesi o talvolta anni, rifugiandosi negli elementi della propria infanzia, nel gioco virtuale, nei manga, in Internet. Gli Hikikomori si caratterizzano per un forte stato di depressione, per una vita vissuta di notte, per il rifiuto di ogni responsabilità esterna (scuola, lavoro, famiglia) e attività sociale. Anche la sessualità viene molto spesso vissuta virtualmente.

A distanza di oltre un decennio, spiega oggi l'artista: “Quando nel 2004 realizzai Hikikomori per me il fenomeno costituiva una forma di disfunzionalità sociale molto importante, in modo forse incosciente gli Hikikomori, gli Otaku, le harajuku girls e i suicide pact erano forme silenziose di ribellione, distinte ma coeve e coerenti con i Seattle movements o i giovani delle banlieues. Gli Hikikomori costituivano per me una forma di ‘inconsapevole e nuovo eremitismo collettivo’ per una generazione di giapponesi che rifiutavano la gerarchia sociale del paese; era come se un milione di ragazzi avesse detto alla nazione: ‘Sono queste le regole del gioco? bene, noi non giochiamo più’”.

Oltre al film, in mostra sono presentate anche alcune fotografie realizzate da Francesco Jodice durante diversi soggiorni in Giappone come parte di un'ampia ricerca a carattere sociale e antropologico (un progetto tuttora in corso dal significativo titolo “What we want”), e in particolare sul contesto metropolitano da cui hanno origine Hikikomori e altri fenomeni analoghi. 

Con questa mostra la Galleria civica, che già conservava in collezione l'opera “Tokyo Shibuya, 1999”, acquisisce per la Raccolta della fotografia l'intero portfolio di otto immagini di Francesco Jodice esposto in questa occasione.

La mostra, allestita fino a domenica 21 febbraio nella sala grande di Palazzo Santa Margherita, sarà visibile ad ingresso gratuito nei seguenti orari: sabato e domenica, dalle 10.30 alle 19; mercoledì e giovedì, dalle 15 alle 18.

Francesco Jodice è nato a Napoli nel 1967. Vive a Milano. La sua ricerca artistica indaga i mutamenti del paesaggio sociale contemporaneo con particolare attenzione ai nuovi fenomeni di antropologia urbana. I suoi progetti mirano alla costruzione di un terreno comune tra arte e geopolitiche proponendo la pratica dell’arte come poetica civile. È docente di Fotografia presso il master di Cinema & New Media della NABA di Milano e presso il master in Photography and Visual design di Forma, tiene un corso di antropologia urbana visuale presso il Biennio di Arti Visive e Studi Curatoriali della NABA. E’ stato tra i fondatori dei collettivi Multiplicity e Zapruder. Ha partecipato a Documenta, alla Biennale di Venezia, alla Biennale di Sao Paulo, alla Triennale dell’ICP di New York e ha esposto alla Tate Modern, al Castello di Rivoli e al Prado. Tra i progetti principali l’atlante fotografico What We Want, l’archivio di pedinamenti urbani Secret Traces e la trilogia di film sulle nuove forme di urbanesimo Citytellers.

Info on line (www.galleriacivicadimodena.it o www.emiliaromagnateatro.com).

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