16/07/2022

RIFORMARE LA CITTADINANZA AGLI IMMIGRATI, OK A ODG

Il Consiglio ha approvato il documento di Scarpa (Sinistra per Mo) per un iter “più rapido, certo e inclusivo”. Sì anche all’odg di Aime (Verdi) per una cerimonia con i nuovi cittadini

Approvare rapidamente una nuova legge che riconosca la cittadinanza italiana alle donne e agli uomini, ma soprattutto a bambine e bambini che vivono in Italia e che sono figli di genitori non italiani, attraverso un iter “più equo, inclusivo, certo e rapido di quello attuale”. Lo chiede al Parlamento l’ordine del giorno per il sostegno alla riforma della cittadinanza e il riconoscimento diffuso dei diritti approvato dal Consiglio comunale di Modena nella seduta di giovedì 14 luglio. Presentato da Camilla Scarpa (Sinistra per Modena) e sottoscritto anche da Pd, Europa verde-Verdi, Modena civica, il documento ha ottenuto il voto a favore anche del Movimento 5 stelle; lega Modena, Fratelli d’Italia-Popolo della famiglia e Forza Italia non hanno partecipato al voto.

Nella stessa seduta è stato approvato, con voto unanime dell’assemblea, anche un secondo ordine del giorno sulla cittadinanza, presentato da Paola Aime (Europa verde-Verdi) con il quale si invita l’amministrazione, non appena la situazione sanitaria lo permetterà, a invitare i nuovi maggiorenni diventati italiani a un incontro ufficiale a Palazzo comunale, “per sottolineare il valore e la responsabilità del nuovo percorso che hanno intrapreso come adulti con cittadinanza italiana”. Il documento, infatti, partiva dal presupposto che negli ultimi due anni i ragazzi che hanno ottenuto la cittadinanza non hanno potuto essere accompagnati all’Ufficio anagrafe da nessuno e che “quel momento così importante e solenne non si sia potuto immortalare nemmeno con una fotografia”.

L’ordine del giorno che sostiene la riforma della procedura per ottenere la cittadinanza italiana rileva, nelle premesse, che sono molte le persone “sistematicamente escluse” dalla cittadinanza italiana: i bambini e le bambine nati in Italia da genitori non italiani che possono richiederla solo a 18 anni nell’ambito di procedure che “non di rado terminano con un diniego”, i ragazzi e le ragazze nati altrove e cresciuti in Italia, che spesso hanno la possibilità di diventare italiani solo in età adulta; gli adulti che vivono stabilmente in Italia e che possono chiedere la cittadinanza solo dopo dieci anni di residenza ininterrotta e solo se dispongono di una soglia di reddito.

“L’esclusione dalla cittadinanza anche dopo un lunghissimo soggiorno – ha sottolineato la consigliera Scarpa nella presentazione – è, dunque, un evento tutt’altro che marginale che produce disuguaglianze strutturali: chi è escluso dalla cittadinanza spesso ha una posizione subalterna e più precaria nel mercato del lavoro, è escluso dal diritto di voto, subisce molte limitazioni negli spostamenti e nell’attività agonistica e non ha le stesse possibilità formative scolastiche ed extrascolastiche dei coetanei italiani. La norma come è ora – ha aggiunto – è iniqua e contribuisce a legittimare un razzismo diffuso”.

Il documento ricorda, inoltre, che il Comune di Modena dal 2014 conferisce la cittadinanza onoraria, attraverso una cerimonia annuale, alle bambine e ai bambini nati a Modena e in Italia da genitori senza cittadinanza italiana che siano iscritti alla quinta elementare o che abbiano compiuto dieci anni, “riconoscendo così il dato di fatto della presenza stabile di questi bambini sul territorio italiano”.

Intervenendo nel dibattito, Elisa Rossini (Fratelli d’Italia-Popolo della famiglia) ha giudicato la questione “più complessa di come la rappresenta la propaganda: la cittadinanza concede molti diritti anche ai familiari di chi la ottiene e sarebbe bene prevedere un percorso che dia tempo al richiedente di valutare le sue esigenze e dimostrare l’interesse per il nostro Paese. Ci sono idee diverse in Parlamento su questo percorso ma la proposta sul tavolo cambia le regole d’ingaggio e dovrebbe, quindi, essere ampiamente condivisa”. Motivando il non voto, la consigliera ha affermato che “c’è un dibattito parlamentare in corso e una spinta come quella data dall’ordine del giorno è inopportuna, irresponsabile e ideologica”.

Giovanni Bertoldi (Lega Modena) si è soffermato sulla situazione attuale, osservando che “molti stranieri con requisiti equivalenti vengono trattati in modo diverso dalle istituzioni, e quindi capita che anche chi ha i requisiti non riesca a ottenere la cittadinanza. Servirebbe un maggiore coordinamento tra gli enti che si occupano di immigrazione e di cittadinanza, per avere una maggiore uniformità di trattamento”.

Per il Pd, Alberto Bignardi ha ribadito che “è ingiusti crescere a Modena, avere anche un accento modenese e non essere riconosciuti come italiani ma, anzi, considerati stranieri nell’unico Paese che si conosce”. Avere diritti limitati ed essere esclusi da molte delle attività svolte dai coetanei “non aiuta a creare integrazione e senso di appartenenza e spesso causa fratture. Il passaporto italiano per questi ragazzi è un diritto, non una concessione”. Per Vittorio Reggiani “sollecitare l’approvazione, mi auguro rapida, di una legge che ampli la possibilità di ottenere la cittadinanza, riconoscendo uno stato di fatto, vuol dire interessare tutte le comunità locali a far sì che questa legge diventi pratica quotidiana sociale e civica”. Secondo il consigliere, inoltre, è giusto che i diritti siano estesi ai familiari “per non creare fratture che poi ricadono negativamente sulla società”. La cittadinanza “non è un regalo” ha detto Federica Di Padova, ma uno strumento “per crescere insieme come comunità, con uguali diritti e responsabilità da parte di tutti. Lo ius scholae, inoltre, riconosce concretamente alla scuola il suo ruolo straordinario nel creare comunità e cittadinanza. I ragazzi e le ragazze a cui questa legge si rivolge sono già italiani, nella lingua, nella residenza, nella quotidianità. A chi conviene negare una realtà che è sotto i nostri occhi?”.

Secondo Giovanni Silingardi (Movimento 5 stelle) conferire la cittadinanza “significa soprattutto conferire doveri e questa è una garanzia per la comunità. Lo ius scholae riguarda bambini e bambine che hanno cresciuto dentro di loro le stesse radici culturali e didattiche dei bambini italiani, ed è una soluzione pragmatica che rende le persone più partecipi della comunità in cui vivono, per non creare due città: quella degli inclusi e quella degli esclusi”.

Dopo aver affermato che “nessuno è italiano al cento per cento, nessuno appartiene a una razza pura”, Paola Aime (Europa verde-Verdi) ha sottolineato che “l’integrazione passa per il riconoscimento della cittadinanza e, quindi, di un’appartenenza. È il modo in cui viene detto a chi vive già qui che non è un corpo estraneo nella società ma un cittadino come tutti gli altri”.

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