Cos'è un referendum

quadro.png Definizione

 

Il referendum è uno strumento di esercizio della sovranità popolare, sancita all'art. 1 della Costituzione della Repubblica Italiana. E’ uno strumento di democrazia diretta, che consente agli elettori non di eleggere i propri rappresentanti, bensì a rispondere senza intermediari, ad uno specifico quesito con un "" o con un "no" su un tema oggetto di discussione.

Riguardo al tipo di leggi a cui riferisce il referendum, esso può essere:

Ordinario, se attiene alla legislazione ordinaria; dove e’ necessario il quorum (50%+1 degli aventi diritto al voto)
Costituzionale, se riguarda la costituzione. (non necessita di quorum)

Il modo più usuale per richiedere un referendum è quello della raccolta di 500.000 firme di cittadini maggiorenni (accanto alle firme debbono essere indicati per esteso il nome, cognome, luogo e data di nascita del sottoscrittore e il comune nelle cui liste elettorali questi è iscritto e validate da un Pubblico Ufficiale), oppure lo possono chiedere anche cinque consigli regionali.

Le richieste di referendum sono soggette un duplice controllo, il primo, di tipo meramente tecnico, da parte dell'Ufficio centrale per il referendum, organo istituito dalla Legge n. 352/1970. Al controllo svolto dall'Ufficio centrale fa quindi seguito il giudizio circa l'ammissibilità delle richieste, spettante alla Corte costituzionale così come disposto dalla L.cost n. 1 /1953, ruolo questo che va quindi ad aggiungersi a quelli già previsti all'art.134 Cost.

Si può rinviare un referendum già programmato solo nel caso che ci siano elezioni politiche anticipate. In tal caso viene rinviato a 365 giorni dopo le elezioni.

Si puo’ annullare un referendum già programmato se prima della data della consultazione referendaria il Parlamento modifica la legge in questione e la Corte di Cassazione decide che le richieste dei promotori sono soddisfatte.

 

 

quadro.png Tipi di referendum

Nel nostro ordinamento sono disciplinati diversi tipi di referendum:

- abrogativo, disciplinato dall' articolo 75 della Costituzione, volto ad abrogare in tutto o in parte una legge ordinaria o un atto avente forza di legge;

- consultivo, previsto dall' art. 132 della Costituzione, con il quale le popolazioni interessate esprimono il loro parere sulla fusione o creazione di Regioni;

- costituzionale, approvativo o confermativo, inserito nel procedimento di formazione delle leggi costituzionali come previsto dall' art. 138 della Costituzione. Il secondo comma stabilisce infatti che le leggi costituzionali, qualora non siano approvate al secondo passaggio con una maggioranza dei due terzi dei componenti in ciascuna delle due Camere, "sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto di una Camera o 500mila elettori o cinque Consigli regionali".

 

quadro.png Limiti referendari

Esistono dei limiti costituzionali espressi al referendum abrogativo - il referendum non può:

- abrogare norme di fonti secondarie, cioè collocate sotto la legge, o di leggi regionali, in quanto l' art. 75 fa riferimento solo alla legge dello Stato e agli atti equiparati;

- abrogare le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Si tratta di leggi d' indirizzo politico o la cui abrogazione sarebbe assai facile, ma estremamente demagogico, proporre (si pensi alle leggi che impongono tributi).

- abrogare norme di rango costituzionale, affiancandosi in questo modo all' unico procedimento di revisione costituzionale disciplinato dalla Costituzione (art. 138).

La Corte costituzionale ha inoltre individuato ulteriori limiti

Sebbene l' art. 134 della Costituzione autorizzi la Corte costituzionale a sindacare la costituzionalità degli atti aventi forza di legge, tra cui va annoverato il referendum, la Consulta ha sempre preferito esercitare, in via preventiva, il controllo di ammissibilità delle richieste referendarie, che le è attribuito dall' articolo 2 della legge costituzionale n. 1 del 1953, estendendolo al di là dei limiti fissati dalla Costituzione.

La Corte ha così potuto affermare (sentenza n. 16 del 1978) che sono inammissibili le richieste:

- che abbiano ad oggetto disposizioni produttive di effetti collegati in modo così stretto all' ambito di operatività delle leggi espressamente indicate dall' articolo 75 che la preclusione debba ritenersi sottintesa (si pensi alla legge finanziaria rispetto alla legge di bilancio, oppure all' ordine di esecuzione rispetto alla legge di autorizzazione alla ratifica del trattato);

- che incidono su leggi dotate di forza passiva rafforzata (leggi atipiche o rinforzate), in quanto non abrogabili da leggi ordinarie successive (si pensi alla legge di esecuzione dei Patti Lataranensi);

- che abroghino leggi a contenuto costituzionalmente necessario, vale a dire leggi il cui "nucleo normativo non possa venir alterato o privato di efficacia, senza che ne risultino lesi i corrispondenti disposti della Costituzione stessa (o di altre leggi costituzionali)";

- che incidano sulle norme che disciplinano l' elezione di organi costituzionali o a rilevanza costituzionale, a meno che la normativa di risulta non sia tale da consentire all'organo stesso di essere sempre operativo, senza alcuna soluzione di continuità (sentenze n. 29 del 1987 e n. 47 del 1991).

La Corte costituzionale ha ritenuto di poter valutare anche la corrispondenza della struttura dei quesiti referendari al modello di consultazione popolare delineato dall' art. 75. In quest' ottica, la Corte ha precisato che il quesito deve essere:

- omogeneo, essendo inammissibili le domande che coinvolgono una pluralità di norme fra loro non collegate, per cui il corpo elettorale è costretto ad abrogarle tutte, pur volendone abrogare solo alcune (sentenza n. 16 del 1978);

- chiaro, semplice e completo, dovendo investire tutta la disciplina della materia oggetto del referendum (sentenza n. 27 del 1981);

- strutturato in modo tale che il risultato dell' abrogazione sia chiaro e riconoscibile dai votanti, sia tale, cioè, da conservare una disciplina residuale chiara e univoca (sentenza n. 29 del 1987).

In sostanza la Corte si è assunto il compito di sindacare la ragionevolezza delle richieste referendarie, valutando se esse non nascondano, invece, veri e propri "plebisciti o voti popolari di fiducia, nei confronti di complessive inscindibili scelte politiche dei partiti o dei gruppi (....) che abbiano assunto e sostenuto le iniziative referendarie".

 

 

quadro.png La normativa vigente

  • Costituzione della Repubblica Italiana: articoli 48, 71, 75, 132 e 138
  • Legge 25 maggio 1970 n.352 "Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo"
  • Legge 22 maggio 1978 n.199 "Modificazioni alla legge 352 del 1970 sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo"
  • Decreto-legge 9 marzo 1995 n.67 "Modifiche urgenti alla legge 352 del 1970, recante norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo"
  • Legge 17 maggio 1995 n.173 "Indicazione sulle schede di votazione della denominazione di referendum popolari"
  • Decreto del Ministero dell'Interno 9 maggio 1995 "Caratteristiche essenziali della parte esterna della scheda di votazione in caso di svolgimento di piu' referendum popolari previsti dall'art.75 della Costituzione"