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Il nuovo Cimitero Israelitico

Cimitero San Cataldo
1903
Eugenio Guastalla


Parte della storia della città e delle sue trasformazioni, il luogo di sepoltura degli ebrei era collocato, dalla metà del Trecento fino al 1631, entro le mura di levante. A seguito di forti pressioni il Duca ne dispone l’allontanamento in via Pelusia e il vecchio luogo, detto con spregio “l’ortaccio”, è affidato nel 1658 al convento delle suore Carmelitane Scalze di Santa Teresa.

Con l’apertura del ghetto nel 1859, a seguito dell’annessione di Modena al Regno di Sardegna, l’affrancamento della comunità israelitica si esprime anche con la creazione dei suoi luoghi di rappresentazione e di culto. La realizzazione della Sinagoga e la costruzione del nuovo cimitero nel complesso di San Cataldo, segnano il percorso di pieno riconoscimento degli ebrei nella vita della città e molte sono le relazioni reciproche tra i due episodi. Il cimitero è inaugurato il 18 ottobre del 1903 quasi in contemporanea quindi ai lavori di creazione di piazza della Libertà (odierna Mazzini), che consentono alla facciata della Sinagoga di presentarsi come il fondale della nuova piazza nel cuore del centro storico, fino ad allora mascherato dai lotti residenziali ora demoliti. Il nuovo luogo di sepoltura trova localizzazione in adiacenza al muro di confine nord-occidentale del cimitero monumentale realizzato da Cesare Costa, il cui allievo presso la Scuola dei Matematici Cadetti Pionieri, l’ingegnere Ludovico Maglietta, aveva realizzato la facciata stessa della Sinagoga nel 1873. L’ampliamento del cimitero monumentale negli anni Settanta del Novecento, a opera di Aldo Rossi e Gianni Braghieri, realizzato oltre il cimitero ebraico, consente a quest’ultimo di assumere, com’era nelle stesse intenzioni dei progettisti, la funzione di luogo di passaggio e congiunzione della parte storica e di quella contemporanea, valorizzandolo ulteriormente.

Proseguendo nella relazione tra i due luoghi della cultura ebraica, la facciata della Sinagoga, caratterizzata da una ricercata composizione che mescola motivi e riferimenti classici e accademici, una raffinatezza di materiali e di apparati decorativi, differisce da quella dell’edificio funerario del cimitero, composta secondo una maggiore sobrietà, pur non mancando l’inserimento di qualche rigoroso elemento aulico, adatta al luogo e alle consuetudini ebraiche secondo cui il culto verso i defunti non viene celebrato attraverso la realizzazione di tombe monumentali o cappelle funerarie. L’edificio rappresenta l’unico elemento architettonico esistente da cui si dipartono a raggiera i percorsi interni del cimitero che dividono in settori i prati destinati alle inumazioni, segnate, secondo tradizione, da cumuli di pietre lasciate all’azione del tempo. Intorno all’area destinata alle sepolture venne realizzato un muro di cinta, con un cancello sormontato dalla stella di David prospiciente la strada. Era il segno di riconoscibilità culturale e religiosa ma nello stesso tempo di appartenenza alla comunità modenese.

Interessante notare, una volta ancora individuando strette relazioni tra la Sinagoga e l’edificio funerario, come il progettista di questo, l’ingegnere Eugenio Guastalla, aveva avanzato una proposta per il rifacimento della facciata di piazza Mazzini nel 1889 e sulla stessa piazza la famiglia era proprietaria di un blocco di abitazioni con quinta sul nuovo spazio pubblico che ospitava tra l’altro l’università israelitica. Guastalla morì nel campo di sterminio di Auschwitz nel 1944. Dei due progetti dell’ingegnere il primo, non realizzato, ridisegna il fronte della Sinagoga con un doppio pilastro di ordine gigante ad inquadrare la parte centrale in particolare segnata dalla trifora ad archi a tutto sesto sormontati da lunetta al primo piano. Sembra possibile individuare, sulle parti laterali del prospetto, l’uso di un paramento a corsi orizzontali di mattoni faccia a vista utilizzato anche nella facciata dell’edificio funerario.


 

Fronte nord dopo il restauro (Foto V. Bulgarelli)

Quest’ultimo è caratterizzato da un basamento composto da una doppia fascia in pietra e intonaco su cui, proseguendo l’andamento orizzontale, si sviluppa la muratura in laterizio apparecchiata con fasce sporgenti. Un triplice timpano, di cui quello centrale sostenuto da due colonne proposto anche sul fronte posteriore, interrompe la netta orizzontalità del trattamento dei prospetti segnando l’ingresso. Nel fregio al di sopra della trabeazione sono collocati gli unici motivi decorativi costituiti da iscrizioni ebraiche, la datazione dell’edificio e festoni, tutti collocati in corrispondenza delle aperture. Questa partitura del prospetto, si ripete con continuità su tutti i fronti.

L’edificio ha uno sviluppo simmetrico rispetto alla sala centrale, luogo del culto. La sala ha due accessi: uno verso il cancello di ingresso e l’altro che si apre verso i prati delle inumazioni. Illuminata dalla luce che proviene da un lucernario posto al centro della volta a padiglione, è dipinta con tralci di frutta che è facile da indentificare nel melograno, uno dei frutti citati dalla Bibbia, segno del ricongiungimento del popolo eletto con Dio e segno della sua benedizione. L’impianto complessivo è estremamente rigoroso, dominato in copertura da un manufatto in cemento bianco: un’arca sormontata dal fuoco, simbolo del Dio di Mosè.

 

La scheda è a cura di Matteo Sintini, con il contributo di Vanni Bugarelli e dell’architetto Ilaria Braida del Comune di Modena.


 

Fronte sud dopo il restauro (Foto V. Bulgarelli)

 

Fonti archivistiche e bibliografiche

G. Bertuzzi, Trasformazioni edilizie e urbanistiche a Modena tra ‘800 e ‘900, Modena, AEDES Muratoriana 1992.
V. Bulgarelli e C. Mazzeri a cura di, Città e architetture. Il Novecento a Modena. Modena, Franco Cosimo Panini Editore 2012.
Paolo Battaglia e Federica Francesconi, a cura di, Gli ebrei e la città. Modena, Raccolte Fotografiche Modenesi Giuseppe Panini 2002.

 

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