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Residenza Sanitaria Assistita e Centro Diurno Cialdini

viale E. Cialdini 10

1946

Mario Alberto Pucci

 

L’ex Clinica Medica Cialdini, oggi casa residenza per anziani, occupa un ampio lotto di testa nel quartiere Cittadella, a nord-ovest della città, in prossimità del centro storico e al termine dell’area su cui sorge dal 1950 il primo quartiere INA Casa modenese, inserito nel Piano di Ricostruzione. L’edificio originario nacque come “Padiglione dei cronici” iniziato nel 1946 su progetto dell’architetto Mario Pucci, per fronteggiare la drammatica carenza di strutture ospedaliere.

Nell’immediato dopoguerra era necessario rispondere all’urgente bisogno di un padiglione medico, in grado di assorbire parte dell’utenza che gravava sullo storico Ospedale Civile Sant’Agostino e accogliere sfollati e reduci, in attesa del nuovo Ospedale Policlinico. Dopo la scelta del progetto di Ettore Rossi, vincitore del concorso del 1933 a cui partecipa anche Mario Pucci con Piero Bottoni, i lavori di costruzione del Policlinico iniziati nel 1940 sono subito interrotti a causa del conflitto mondiale. Saranno terminati solamente nel 1963 dopo un travagliato percorso. La necessità di dover costruire una struttura “temporanea”, per alleggerire le cliniche sovraffollate, in tempi rapidi e con risorse limitate che tuttavia lieviteranno fino a oltre tre volte la previsione iniziale, è per Pucci occasione per sperimentare un metodo di prefabbricazione elementare, riutilizzando l’armatura metallica della Rinascente di Milano distrutta dai bombardamenti del 1943. I lavori non saranno rapidi come ci si attendeva e si protrarranno ben oltre il termine auspicato.

 

L'edificio in fase di completamento 1950 (Foto Bandieri in V. Bulgarelli e C. Mazzeri a cura di, Città e architetture. Il Novecento a Modena. Modena, Franco Cosimo Panini Editore 2012)

L’edificio si sviluppa longitudinalmente su un asse sud-ovest/nord-est con quattro piani fuori terra e presenta uno schema semplice, che rimanda ad altri progetti modenesi di Pucci. La forma del lotto disponibile e l’impianto strutturale dettato dall’armatura metallica caratterizzano la forma, alleggerita dalle soluzioni adottate per le finestrature. Il lungo fronte compatto a sud-est è caratterizzato da una cornice che inquadra i tre livelli di balconi, che sui lati si stacca dalla superficie della facciata producendo tagli verticali, aprendo la parte laterale della cornice alla luce.

Il fronte principale presenta un maggiore gioco nei volumi, alternando aperture regolari a pareti cieche, secondo un semplificato linguaggio razionalista. L’impaginato dei due stretti fianchi è ancora affidato alle componenti trasparenti, qui alternate in vetro e vetrocemento di diversa larghezza, collocate in modo asimmetrico e con l’apertura a tutta altezza del piano. L’edificio è circondato da un ampio giardino con percorsi e alberature. Nei decenni ha subito numerosi interventi di adattamento all’interno e all’esterno.

La scheda è  a cura dell’architetto Veronica Bastai con il contributo di Vanni Bulgarelli.

 

Fonti archivistiche e bibliografiche

V. Bulgarelli e C. Mazzeri a cura di, Città e architetture. Il Novecento a Modena. Modena, Franco Cosimo Panini Editore, 2012.
A. Giuntini, G. Muzzioli, E venne il Grande Spedale, Artestampa, Modena, 2005
Laura Montedoro, a cura di, La città razionalista: modelli e frammenti. Urbanistica e architettura a Modena 1931-1965, RFM Edizioni, Modena 2004.

 

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